Corriere della Sera

La Darsena di Milano simbolo di una rinascita

- Di Beppe Severgnini

La Pinacoteca di Brera, mercoledì, presenterà Il bacio di Francesco Hayez. Un nuovo allestimen­to, una nuova fruizione. Lo slogan adottato per l’occasione è «Milano, una città al bacio». In attesa di un gemellaggi­o con Perugia e una sponsorizz­azione della Perugina/Nestlé, ci permettiam­o di dire: è vero. Milano attraversa un periodo felice. Il merito? Diciamo che i principali terapeuti sono due: Expo e Roma.

Di Expo, si sa. È costata troppo, probabilme­nte è stata fatta nel luogo sbagliato, ma è diventato una festa collettiva (e non è ancora finita). Chiunque ci sia stato ha visto gente contenta. Non si capisce bene perché questo sia un male. Nella tradizione della sinistra malinconic­a (c’è anche l’altra), il popolo deve soffrire: è una forma di sadismo politico senza giustifica­zione. Leggete La vita agra di Luciano Bianciardi (1962), ambientato proprio a Milano: come tutti i grandi romanzi, aveva intuito, previsto e protestato.

Ma non ci sono solo le manifestaz­ioni, le mostre, i grattaciel­i e i progetti. C’è un cambio di sguardo. Una giovane collaborat­rice, appena trasferita da Roma a Milano, è estatica: «Vengo al lavoro, esco la sera. Vado dovunque con i mezzi!». La sua meraviglia per la normalità di Milano è una condanna per l’anormalità di Roma. Ecco perché, a malincuore, ho messo la Capitale tra le ragioni del buonumore milanese: i giudizi sono sempre figli dei confronti. Mi ha stupito, perciò, la nascita del Comitato Anti Darsena (di cui riferisce Paola D’Amico su Corriere di Milano). Il luogo — lo scrivo per i non-milanesi — erano una fetida discarica a cielo aperto; ripulito, sistemato, ha riaperto all’acqua e alla gente: ogni sera attira, in media, quindicimi­la persone. Ma i residenti — alcuni, spero non tutti — protestano: troppa confusione. Dimentican­do che una città è di tutti: non solo di chi abita al piano di sopra.

Fino a oggi l’effetto NIMBY — Not In My Back Yard, non nel mio cortile — scattava davanti a disagi immediati e benefici differiti. In questo caso i benefici sono già evidenti: centinaia di migliaia di persone contente di ritrovare la Darsena e i Navigli. I residenti del Comitato Anti Darsena avrebbero voluto che i lavori — costati molto, durati troppo — si risolvesse­ro in un fallimento? Preferisco­no le pantegane silenziose ai ragazzi felici? Ne dubito. Ma, se così fosse, meglio il trasloco. «Tanto qui si vende bene», osserva Gabriele Rabaiotti, presidente di Zona 6. Che bel commento, che commento milanese.

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