Bocciate le pregiudiziali dell’opposizione
Senato, la maggioranza tiene Tensione tra Renzi e Grasso
Con 171 no la maggioranza boccia le pregiudiziali di costituzionalità sulla riforma del Senato e dimostra di tenere. Ma è tensione tra Grasso e Renzi.
La maggioranza tiene e al banco delle pregiudiziali di costituzionalità porta a casa 171 voti contrari e 8 astenuti (che al Senato si sommano). Maggioranza che si amplia, rispetto al giorno prima, anche se il cammino è ancora lungo e accidentato. Non a caso, Matteo Renzi starebbe ancora cercando un’intesa politica, che potrebbe arrivare lunedì in Direzione, con il possibile annuncio di un emendamento che introduce il listino dei senatori, sia pure non nell’articolo 2 del ddl Boschi, come vorrebbe la minoranza. Un modo per evitare una battaglia campale, dalle conseguenze imprevedibili, anche se il governo è sicuro di avere la maggioranza necessaria per andare avanti.
Al Senato è stata una giornata di trattative e di tensione, cominciata con la lettura di una «minaccia» attribuita dalla «Stampa» a Renzi: «Abolisco il Senato e ci faccio un museo». Frase smentita da Palazzo Chigi, ma che innesca una reazione. Con il presidente Pietro Grasso che invoca il «confronto leale» e la «reciproca comprensione», «piuttosto che far trapelare la prospettiva che si possa addirittura fare a meno delle istituzioni relegandole in un museo».
Schermaglie che non hanno eco in Aula, dove invece si discute e si tratta, con senatori incerti e pressati ai fianchi. Tra i nemici irriducibili della riforma, Roberto Calderoli, pronto a paralizzare il Senato con una valanga di emendamenti: «Si stanno mettendo le basi per il ritorno del fascismo». I 5 Stelle abbandonano per protesta la Commissione Affari costituzionali e Beppe Grillo invoca l’intervento del Quirinale.
La maggioranza incassa il «sì» dei verdiniani, falange in rotta dalla marcia dei berlusconiani di Forza Italia. Ncd ha qualche sussulto interno, con Gaetano Quagliariello che guida la fronda e Carlo Giovanardi che annuncia il «no» al ddl Boschi. Da Berlusconi il «no» alla riforma sembra deciso, ma alcuni senatori potrebbero optare per la non belligeranza, con l’uscita dall’Aula. Riccardo Villari fa lo schivo: «Matteoli dice che dobbiamo essere parte attiva delle riforme, ma c’è tempo per decidere: mi aspetto un passo avanti di Renzi». Crea qualche sconcerto l’intervento di Sandro Bondi, già fedelissimo dell’ex Cavaliere, che attacca a testa bassa: «Trovo incredibile l’atteggiamento di un partito come Forza Italia che prima vota la riforma e poi la accusa di incostituzionalità. Parole come scempio della Costituzione e ritorno del fascismo avvelenano la vita democratica».
Mercoledì scade il termine per la presentazione degli emendamenti. Il premier, che punta ad avere una riforma varata entro il 15 ottobre, se ne esce con una frase sibillina: «Se il presidente Grasso deciderà per l’emendabilità dell’articolo 2 decideremo di conseguenza». Ovvero il «piano B» dell’abolizione tout court del Senato (ma è probabilmente solo una minaccia). Che, curiosamente, coincide con quella del senatore Corradino Mineo, della minoranza, pronto a presentare un emendamento soppressivo di Palazzo Madama.
L’ultima mediazione Lunedì alla direzione pd il leader potrebbe portare un emendamento sul listino dei senatori