Stop all’udienza filtro Il Pd: privacy a rischio E ora slitta il voto sulle intercettazioni
L’«udienza filtro» davanti al giudice — con il contradditorio tra accusa e difesa per selezionare le intercettazioni telefoniche, che consentirebbe di separare quelle attinenti l’indagine (pubblicabili) da quelle penalmente irrilevanti (da chiudere in cassaforte) — rischia di non garantire fino in fondo la privacy dell’indagato che, invece, il legislatore dice di voler tutelare ancora di più. Così, quando la Camera è arrivata a esaminare l’articolo 29 del
ddl contenente la delega al governo sul codice penale, la relatrice Ferranti (Pd) e il governo hanno accantonato l’articolo rinviando tutto a martedì. Giorno in cui si saprà se il ministro Orlando darà parere favorevole (o contrario) all’emendamento Ferranti che cancella dalla delega la parola «udienza» e lascia al governo la possibilità di manovrare tra varie soluzioni per «selezionare il materiale intercettativo». Alla fine, dunque, salterà l’«udienza filtro», considerata per anni la panacea per curare l’epidemia di intercettazioni telefoniche non rilevanti divulgate a mezzo stampa? L’avvocato forzista Francesco Paolo Sisto si preoccupa: «Non scherziamo, l’udienza filtro è il fulcro del sistema perché si svolge nel contradditorio tra le parti garantito dall’articolo 111 della Costituzione». Invece altri, compresi molti magistrati, ritengono che l’udienza filtro, sebbene sia a porte chiuse, alla fine si risolva in un boomerang per la tutela della privacy.
Con questo rinvio sulle intercettazioni, il voto finale sulla delega slitta a mercoledì 23. Molti dei punti individuati fin qui come critici dai magistrati sono stati sanati: per esempio, il compimento degli 80 anni o la morte non determineranno la cancellazione delle condanne dal casellario giudiziario. E anche sul fronte dei tempi stretti concessi ai pm per motivare la richiesta di rinvio a giudizio o l’archiviazione, il Pd manda segnali di rassicurazione: «Questo termine non c’entra nulla con la durata delle indagini che resta assolutamente invariata», spiega il responsabile Giustizia David Ermini.
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