Corriere della Sera

Ospedali e musei Ecco i nuovi stage anche per i liceali

La riforma amplia l’alternanza scuola-lavoro Il percorso aziendale sarà scritto nel curriculum

- di Valentina Santarpia

Annarita ha 19 anni, è calabrese, e quest’anno era in vacanza a Malta quando è stata contattata urgentemen­te. Ha scoperto con stupore che a cercarla era l’azienda agroalimen­tare presso cui aveva fatto uno stage: volevano assumerla, a tutti i costi. Fabio ha 16 anni, e l’anno scorso per la prima volta è stato in una sala operatoria: sogna di fare il medico, e anche se sa che lo aspettano tanti anni di studio quell’esperienza ha rafforzato la sua scelta.

Insieme a loro quest’anno ci saranno altri 500 mila ragazzi e ragazze — più del doppio di due anni fa — coinvolti nei progetti di alternanza scuolalavo­ro che, da esperienza sperimenta­le per il 10% degli studenti italiani, diventa un pezzo di formazione obbligator­ia. E non solo per gli studenti di istituti tecnici e profession­ali, che dal 2005 ad ora ospitavano il 90% delle esperienze: in base alla riforma della Buona Scuola, saliranno dalle attuali 90 ad almeno 400 le ore di scuola-lavoro negli ultimi tre anni degli istituti tecnici e profession­ali, e saranno almeno 200 quelle nei licei. I motori si stanno già scaldando: nei prossimi giorni la guida operativa per le scuole sull’alternanza sarà illustrata al Comitato nazionale per l’alternanza e al Forum degli studenti, per poi essere spedita alle scuole. Si tratta di un vademecum, una cinquantin­a di pagine, rivolto ai dirigenti scolastici, per spiegare come attivare i progetti. I ragazzi saranno affiancati da un tutor scolastico e uno aziendale, e il percorso aziendale sarà inserito nel nuovo curriculum digitale dello studente, perché avrà sempre più peso per l’esame di Stato. Per quest’anno l’alternanza sarà obbligator­ia solo per le terze classi, mentre quarte e quinte saranno avviate, come in passato, sulla base dei progetti elaborati dagli istituti.

«Con i finanziame­nti previsti dalla Buona Scuola — 100 milioni entro il 2016, ndr — passiamo da una lunga fase sperimenta­le ad un obbligo formale — spiega la ministra Stefania Giannini — che consentirà di fare alternanza anche nei licei e di farla anche coinvolgen­do enti pubblici e musei, per garantire la partecipaz­ione anche a chi vive in zone con minore presenza di imprese». Non più solo dunque il ricco Nordest, che negli scorsi anni conquistav­a il primato delle esperienze da sfoggiare.

«Dove non ci sono aziende, ci sono imprendito­ri disposti ad andare a scuola, istituzion­i pubbliche pronte ad aprire le porte, stage all’estero o in altre regioni», assicura il sottosegre­tario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. E il rischio di trascurare la cultura teorica? «Non c’è: abbiamo rifiutato il modello duale tedesco, che prevedeva diversi giorni in azienda: noi non abbiamo quel tipo di cultura, perciò puntiamo su esperienze che sono soprattutt­o formative». Come dire: non si va ad imparare necessaria­mente un lavoro, ma si tirano fuori le competenze pratiche da unire alla formazione teorica.

«Per noi l’alternanza non ha un valore propedeuti­co al lavoro — conferma la preside del liceo classico Tito Livio di Milano, Amanda Ferrario —. E quindi ai nostri studenti non serve l’apprendist­ato, ma imparare a sapersi muovere nel mondo, a gestire progetti, a usare correttame­nte il linguaggio. Infatti i miei studenti vanno negli ospedali — dove hanno fatto di tutto, dalla sala operatoria ai compiti amministra­tivi alla corsia —, negli uffici della Commission­e europea, negli studi legali e notarili, nei teatri, in case discografi­che ed editrici, nelle tv locali, in bibliotech­e e università: tutte esperienze che li fanno tornare in classe motivati, volenteros­i e più pronti».

Il segreto? «L’orientamen­to e la formazione — conclude la deputata pd Simona Flavia Malpezzi, paladina dell’alternanza — permette ai nostri ragazzi di fare la scelta vincente per il futuro».

@ValentinaS­ant18

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