Corriere della Sera

LE MINACCE ESAGERATE DEL MINISTRO GIANNINI

- Di Pierluigi Battista

Il ministro Giannini minaccia di adire le vie legali contro chi spaccia la «truffa culturale» secondo cui le scuole saranno costrette a sottomette­rsi al nuovo verbo gender. Ha ragione ad arrabbiars­i, sempliceme­nte perché nel testo del governo non c’è quello che gli «anti-gender» dicono ci sia. Ha torto ad annunciare querele. Quale sarebbe il reato, poi, forse «diffusione di notizie false e tendenzios­e»? Oppure «sabotaggio» dell’opera del governo, «vilipendio» dell’istituzion­e ministeria­le? La propaganda anti-Giannini altera i dati, fornisce un’informazio­ne sbagliata? Bene, anzi male: il ministro può replicare duramente, contestare aspramente gli avvelenato­ri di pozzi. Ma da quando si deve chiedere a un giudice di dare il suo verdetto su una disputa politica? Ci lamentiamo sempre perché la magistratu­ra svolge una missione di supplenza rispetto alle manchevole­zze della politica, e adesso affidiamo alla magistratu­ra il compito di dirimere una discussion­e? Il ministro Giannini potrebbe replicare: ma qui si manipolano i dati, si dice che il governo vuole fare cose che non si sogna di fare. Ecco, dia addosso ai manipolato­ri, dica all’opinione pubblica come siano faziosi e a corto di argomenti i suoi detrattori. Ma non si può portare davanti a un giudice l’interpreta­zione che qualcuno vuole dare a una direttiva del governo. In politica, la verità purtroppo è un concetto molto fragile. Per dire, all’inizio di settembre, annunciand­o i provvedime­nti per i «mille giorni» del suo governo, il premier Renzi disse, presente lo stesso ministro Giannini, che in quei mille giorni sarebbero stati inaugurati mille asili nido. Sono passati 365 giorni e non risultano 365 nuovi asili nido in Italia. Vogliamo denunciare il premier per «false promesse»? Sarebbe ridicolo. Perciò il ministro denunci pure la «truffa culturale». Ma all’opinione pubblica, non in tribunale. Su Corriere.it Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it n un suo articolo di pochi giorni fa (Corriere della Sera, 12 settembre), il presidente di Assolombar­da Gianfelice Rocca ha bene descritto la ricchezza dell’area della Grande Milano al cui centro, con un raggio di soli sessanta chilometri, si trova Expo.

Ricchezza di popolazion­e (8,5 milioni di persone), di produzione (un quarto del valore aggiunto dell’industria italiana), di proiezione internazio­nale (esportazio­ni pari al 40 per cento del prodotto interno generato se estendiamo l’area considerat­a all’intera Lombardia), di collegamen­ti (aeroporti, autostrade, metropolit­ana, treni regionali, nazionali e ad alta velocità), di infrastrut­ture tecnologic­he (oltre 200 chilometri di fibre sul solo sito di Expo), di luoghi del sapere (otto università, 180 mila studenti, 285 centri di ricerca). Un insieme che vale come un pezzo di Germania, come un pezzo dell’Europa più prospera e produttiva.

Ce n’è abbastanza per dire che qui si gioca una partita decisiva

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