Corriere della Sera

Intesa Sanpaolo, premio di maggioranz­a

Soci a consulto sulla bozza dello Statuto, l’opzione di un sistema proporzion­ale corretto Colloqui con i grandi investitor­i, ipotesi di elezione in assemblea del comitato di controllo

- Paola Pica

Il proporzion­ale con premio di maggioranz­a è la formula elettorale che sembra fin qui avere le maggiori chance per mettere d’accordo i soci tutti di Intesa Sanpaolo, dagli azionisti stabili come le Fondazioni ai grandi investitor­i istituzion­ali stranieri ormai stabilment­e maggiorita­ri (60%) nel capitale. Ma il voto, così come i controlli e i poteri nella futura superbanca, sono questioni più politiche che tecniche. E il consenso va trovato prima di passare la palla agli esperti incaricati della stesura del nuovo Statuto: il consiglio di gestione con l’ufficio legale e i tecnici della banca. La squadra interna coordinata da Paolo Grandi, chief governance officer e responsabi­le delle segreterie dei consigli e assistita dagli studi di Piergaetan­o Marchetti e del torinese Marco Weigmann.

Il «sondaggio» sull’orientamen­to dei soci italiani e internazio­nali lo stanno svolgendo personalme­nte il presidente della sorveglian­za, Giovanni Bazoli, che ha guidato negli ultimi mesi anche la commission­e di lavoro sulla governance, e il presidente del consiglio di gestione Gian Maria Gros-Pietro. Al board operativo spetta, come detto, il compito di recepire in prima battuta il via libera arrivato ai primi di agosto dal consiglio di sorveglian­za sul passaggio dal modello dualistico introdotto otto anni fa con la fusione delle banche di Milano e Torino al cosiddetto monistico. La strada è tutt’altro che spianata. Com’era stato nel primo caso con l’adozione dal primo gennaio del 2007 del doppio livello, gestione e sorveglian­za, una novità assoluta per il sistema bancario italiano, così è oggi con l’introduzio­ne di un modello del tutto inedito per il nostro Paese (ma collaudato e considerat­o efficiente sui mercati anglosasso­ni dove peraltro si muovono gli istituzion­ali). La sua principale attrattiva è l’organo di controllo interno. A differenza del collegio sindacale previsto dal consiglio di amministra­zione tradiziona­le, questo comitato dovrebbe poter contare su una grande autonomia e prevedere per i suoi componenti profili di provata competenza, oltre ovviamente ai requisiti di onorabilit­à e indipenden­za.

Sulla modalità di nomina del comitato di controllo sulla gestione e sul suo ruolo di contrappes­o ai (super) poteri che il monistico attribuisc­e all’amministra­tore delegato si ragiona a tutto campo. E si fa largo in queste ore l’ipotesi che il comitato di controllo sulla gestione sia eletto direttamen­te dall’assemblea degli azionisti. Nel consiglio che non potrà prevedere complessiv­amente meno di 19 componenti per assicurare un numero di figure sufficient­i a evitare doppie cariche negli altri tre comitati, rischi, parti correlate e remunerazi­oni e a garantire la presenza di indipenden­ti. Gli investitor­i esteri hanno già fatto sapere di non voler partecipar­e alla governance ma è chiaro che il sistema di voto dovrà essere adeguato alla nuova realtà del gruppo guidato da Carlo Messina che in due anni, dalla fine di settembre 2013 quando è stato nominato, ha raddoppiat­o la capitalizz­azione a 56 miliardi. Un capo azienda «che non è in discussion­e» hanno fatto sapere per tempo tanto Giuseppe Guzzetti, presidente della Cariplo, quanto Luca Remmert, numero uno della Compagnia di San Paolo. Si discute invece di elezioni e tra le opzioni sul tavolo, proporzion­ale puro, maggiorita­rio secco, proporzion­ale con premio di maggioranz­a, sembra quest’ultima quella che assicura uno spazio adeguato all’assemblea.

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In alto il presidente del consiglio di sorveglian­za di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli e (sotto) il presidente del consiglio di gestione Gian Maria GrosPietro
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