La danza secondo Virgilio Sieni: un atlante di gesti da (re)inventare
Da oggi fino al 3 ottobre il primo progetto della Fondazione Prada dedicato alle arti performative
La danza di Virgilio Sieni si modella all’interno degli spazi architettonici della Fondazione Prada di Milano progettata da Rem Koolhaas, dialoga nel Podium con le tracce della mostra Serial Classic, scivola su una piattaforma verso l’esterno, sfila lungo le passerelle, si riscalda all’interno della biblioteca, sperimenta nella sala Cinema. Coppie di figlie e madri, bambini e ottantenni, ballerini professionisti e amatori, due musicisti, Roberto Cecchetto e Michele Rabbia: una «comunità» di 74 persone che animerà, da oggi al 3 ottobre, l’Atlante del gesto, il ciclo di azioni coreografiche concepito dal coreografo toscano, direttore della Biennale Danza a Venezia e di «Cango», Centro fiorentino di produzione sui linguaggi del corpo.
È la prima iniziativa legata alle arti performative che la Fondazione Prada realizza con l’obiettivo di «espandere la portata dei saperi». Non solo arte, in senso figurativo e visivo, dunque. I visitatori potranno scegliere se assistere ai cicli coreografici, alle fasi di ricerca o alle proiezioni, liberi di «montare» una propria drammaturgia del paesaggio di gesti che abita e vivifica lo spazio espositivo. «Ho seguito il cantiere del complesso architettonico in varie fasi — racconta Sieni —. È una convergenza interessante quella con la mostra che ci ha preceduti, Serial classic, sul tema della copia nella statuaria greco-romana. Da quell’idea di archeologia, trasparenza, qualità della luce siamo partiti per allargare gli spazi e far lavorare il corpo».
L’Atlante del gesto si compone di cinque azioni: Origine, Rituale, Annuncio, Gravità, Nudità. Dall’intimità di un abbraccio tra madre e figlia alla lentissima migrazione di “angeli” messaggeri, fino all’abbandono ponderale di corpi che, passivamente, imprimono il movimento su altri corpi.
«In particolare — spiega il coreografo — in Rituale e, a tratti, in Nudità emerge il corpo più fragile e debole. L’Atlante, nella mia idea, ha un excursus molto ampio. Si andrà ad arricchire di altre esperienze, in una staffetta tra coreografi. Per la danza è una grandissima opportunità perché, per la pristenti. ma volta, una fondazione d’arte di livello mondiale si apre a una permanenza dedicando spazi che non siano scavati tra le mostre. Nella biblioteca è stata allestita una sala danza, il Podium è a nostra disposizione, è stato costruito uno scivolo che porta all’aperto, il cinema diventa un set per assoli. La Fondazione si è resa estremamente flessibile. Aspettiamo i direttori della Tate di Londra e del Théâtre de la Ville di Parigi: nel panorama mondiale è un segno fortissimo».
Tra i performer amatoriali dell’Atlante, alcuni sono di Milano, molti arrivano dalla provincia. Sono anni ormai che Sieni lavora con le «comunità»: nel suo Vangelo secondo Matteo a Venezia aveva coinvolto merlettaie, anziani e non vedenti. «I danzatori non professionisti che mi seguono sono ormai qualche migliaio, in Italia ho una quindicina di assi- Si lavora ragionando in termini di peso, gravità, ascolto».
Nell’Atlante si intersecano i lavori più recenti, La Sagra della Primavera e Quintetti sul Nero, l’omaggio ad Alberto Burri che ha esordito, il 4 settembre scorso, agli Ex essiccatoi del tabacco di Città di Castello. «Vengono sbrindellati e riproposti in chiave rovesciata alcuni materiali della Sagra nel Rituale e dei Quintetti in Gravità. Questo progetto è legato ai concetti di copia e serialità. Nudità parte da un primo studio sul nudo e si sviluppa con una suite basata sulla ripetizione in serie del corpo, un tema che sarà al centro di una creazione per il Teatro Municipale di Lugano nel 2016». Sieni, la cui compagnia è stata riconosciuta come «centro di produzione nazionale» insieme ad Aterballetto e alla formazione di Roberto Zappalà, attende di sapere se sarà riconfermato alla direzione del Settore Danza a Venezia, dopo il rinnovo della presidenza a Paolo Baratta. «Se arriva la conferma non potrò rifiutare — afferma — . È un incarico istituzionale di cui sento la responsabilità».
Una comunità di 74 persone: figli e madri, bambini e ottantenni, professionisti e non