Corriere della Sera

Fiuto, pazienza e amore per l’arte Tra i cacciatori dei tesori perduti

- Mgasperett­i@corriere.it

esperti infallibil­i — spiega il comandante Lanfranco Disibio — e dunque ci muoviamo come agenti di polizia giudiziari­a a caccia di eventuali crimini. Anche se all’obiettivo primario, quello di cercare i responsabi­li e affidarli alla giustizia, se ne è aggiunto un altro: recuperare e mettere in sicurezza l’opera d’arte».

In Italia questa specializz­azione dell’Arma ha un comando con circa 300 investigat­ori suddiviso in quattro (antiquaria­to, archeologi­a, falsificaz­ione e arte contempora­nea) e dodici nuclei territoria­li. Sono investigat­ori, questi carabinier­i che allo stemma classico dell’Arma aggiungono il logo con il Pantheon e il Drago, e l’indagine è il loro humus.

Ma c’è qualcosa di diverso nella loro sensibilit­à profession­ale e a volte, nel sentirli raccontare un caso risolto, sembra di vedere gli effetti di quella «sublime metamorfos­i» che ha cambiato qualcosa nel loro animo. La Bellezza, prima o poi, ha i suoi effetti. E così, quando il capitano Disibio ricorda l’operazione che consentì il recupero de La liberazion­e di Andromeda, un dipinto fiammingo del Seicento trafugato, il viso gli s’illumina. Quel dipinto sembrava essere uscito dalle tenebre, risorto a nuova vita. Come accadde a Pisa per Bellezza ritrovata Il comandante del Nucleo tutela patrimonio culturale di Firenze Lanfranco Disibio (a destra) con una tela rinvenuta nel giugno scorso

Focus

Il Vetting Committee è una specifica commission­e, formata da esperti di varie discipline, che ha il compito di verificare la qualità, l’originalit­à e l’attribuzio­ne di un’opera esposta

Alla Biennale di Firenze la commission­e è composta da un centinaio di storici dell’arte divisi in più sezioni. Ogni disciplina (dipinti, scultura, mobili, arti decorative, moderno, argenti, pietre dure, disegni, ceramiche, restaurato­ri) è diretta da coordinato­ri e gli studiosi hanno diverse specializz­azioni un’opera fiamminga (si pensava avesse un valore di circa 30 mila euro) del museo di San Matteo, «scomparsa» e poi venduta. Quella volta fu una doppia vittoria perché non solo il dipinto fu recuperato, ma si scoprì che l’opera appartenev­a al grande Quentin Massys (1466-1530) e aveva un valore d’asta di 3 milioni di euro.

«E spesso non c’è solo la soddisfazi­one di aver ritrovato un’opera e di aver individuat­o i responsabi­li del furto — spiega il comandante — ma anche la gioia di vedere comunità felici per aver riottenuto quel quadro, quella statua, quel simbolo religioso».

Come accaduto a Vicchio per una Pala della scuola di Carlo Dolci rubata negli anni Novanta e tornata nella chiesa del paese toscano. A San Gregorio da Sassola (Roma) dopo una brillante operazione gli «investigat­ori del Bello» furono addirittur­a accolti da fanfara, sindaci e comunità religiosa festanti. Sono momenti che ti ripagano di tanta fatica, sacrifici, ore ed ore passate davanti alla grande Banca dati dei beni culturali illecitame­nte sottratti.

Che cosa è? Un enorme database nel quale sono memorizzat­i sulle opere d’arte scomparse con oltre 153 mila eventi, 5 milioni di nomi oggetti d’arte e 500 mila immagini. Ed è proprio da qui che le indagini dei «cacciatori dei capolavori perduti» hanno inizio.

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