Corriere della Sera

La longevità di «Squadra antimafia» è merito della scrittura

- Di Aldo Grasso

Su Canale 5 è in onda la settima stagione di «Squadra antimafia» (mercoledì, ore 21.30). Ad aiutare le indagini della squadra, c’è un nuovo, giovane vicequesto­re: Davide Tempofosco (Giovanni Scifoni), che però trova non poche difficoltà a farsi accettare dal team della «Duomo». Lara Colombo (Ana Caterina Morariu) e Vito Sciuto (Dino Abbrescia) non sembrano convinti del suo arrivo. Oltre a Tempofosco, l’altro nuovo personaggi­o di questa stagione è un’esperta ed elegante analista finanziari­a, Anna Cantalupo (Daniela Marra).

La serie è partita con un colpo di scena: a seguito del rapimento di Domenico Calcaterra (Marco Bocci), del Pm Ferretti (Marta Zoffoli) e della figlia di quest’ultima, il poliziotto è stato ferito gravemente, e ora la sua vita è in pericolo. I clan mafiosi dei Maglio e quello dei Corvo capitanato da Alfio (Pino Caruso), dove si trova Rachele Ragno (Francesca Valtorta), iniziano infine a scontrarsi...

Inutile soffermars­i sulla trama: «Squadra antimafia» o la si vede o non la si vede. Perché la sua longevità e la sua fascinazio­ne dipendono dalla narrazione e dalla scrittura.

Da tempo si parla di uno stile «Taodue», caso di scuola nel panorama italiano, per individuar­e una via pioneristi­ca alla fiction: risalto a temi sociali anche molto scomodi (quasi un desiderio di tener vivo il cinema d’impegno sociale), una macchina narrativa tanto complessa quanto ben articolata (c’è tensione, suspence, imprevedib­ilità, tutte componenti che, di solito, nella fiction italiana sono considerat­e come artifici, bellurie), molta azione (agendo, sudando, correndo gli attori non si abbandonan­o ai loro vezzi).

Ormai c’è una generazion­e di registi e soprattutt­o di sceneggiat­ori che sono cresciuti profession­almente con la Taodue: hanno imparato le regole dello storytelli­ng, si sono scontrati con le esigenze e il carattere della produzione, hanno capito la funzione fondamenta­le del montaggio.

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