Palazzo Chigi: le priorità restano la crescita e il taglio delle tasse
Non ci sono reazioni ufficiali, né da parte di Palazzo Chigi, né da parte del ministero dell’Economia. E forse è già questa la prima notizia: il bollettino mensile della Bce non viene giudicato meritevole di un commento, viene in sostanza ignorato. Le uniche reazioni sono dell’opposizione, con Renato Brunetta (Fi) che mette il dito nella piaga, richiama l’esecutivo ai numeri elencati dall’istituto di Francoforte, ne prende spunto per bocciare ancora una volta la politica economica di Matteo Renzi.
Fonti di governo fanno però trapelare più di una punta di irritazione, anche quelle alle dirette dipendenze del presidente del Consiglio: quanto scritto dalla Banca centrale europea, quella raccomandazione di ridurre il deficit con i risparmi del calo dello spread, e dunque in primo luogo dalla politica monetaria espansiva della Bce, «non sta né in cielo né in terra, è una regola che non sta scritta da nessuna parte».
Insomma in modo ufficioso si capisce qualcosa in più. I passi che sta compiendo il governo, quel rientro più lento della parabola del deficit (oggi verrà comunicata al rialzo la previsione per il prossimo anno) sono considerati non solo pienamente legittimi, ma addirittura insufficienti.
Il refrain, sia in via XX Settembre che a Palazzo Chigi, è più o meno questo: «Stiamo facendo il minimo indispensabile, altro che politica espansiva; stiamo facendo il minimo, visto le regole di Bruxelles, per irrobustire la ripresa e la crescita e riteniamo che il primo veicolo per la riduzione del deficit e del debito sia la crescita, non impiegare i risparmi prodotti dal calo dello spread».
Insomma, alla fine, una visione opposta a quella che arriva da Francoforte, e che in qualche modo, sembra di capire, viene interpretata attribuendola a qualche corrente interna alla Bce, non a Mario Draghi: si fa notare che al momento Francia e Spagna hanno un rapporto fra deficit e Pil molto più alto di quello del nostro Paese; si aggiunge che nonostante le variazioni in atto il nostro deficit scende e continuerà a farlo, così come il debito pubblico; e per di più continuando a seguire quelle regole di austerity «stupida» che prescrive il trattato di Maastricht.
Alla fine viene anche comunicato un sospetto: Roma al momento sta in qualche modo negoziando con la Commissione europea, in vista della legge di Stabilità, dosi ulteriori di flessibilità di bilancio, pur rimanendo sotto la soglia del 3%. Risorse aggiuntive, anche per finanziare l’abolizione della tassa sulla prima casa. Evidentemente qualcuno a Francoforte pensa che finanziare in deficit, e non con tagli di spese, l’imminente manovra, sia un errore.