Ho inseguito Flora per l’Europa La sua bellezza audace è inedita
Il Tiepolo di Baroni, mercante dei grandi collezionisti
«Che cosa cerco? Opere belle, prima che famose e in buono stato di conservazione. Anche un quadro di Zuccarelli, autore minore che amo, se espressione del miglior talento di un artista può essere affascinante quanto un quadro d’autore, ma brutto: perché anche i grandi possono aver dipinto tele poco convincenti. E perché un’opera d’arte deve piacere, non si compra per investimento, neppure un old master. Sarei un veggente se promettessi un affare, piuttosto dico sempre: pensate a un buon quadro al posto di un’altra Ferrari».
Jean-Luc Baroni, dinastia di mercanti d’arte iniziata nel 1919 a Parigi dal nonno Paul Tulino e continuata dal padre Giancarlo che lasciò la Francia per aprire l’attività a Firenze nei 60, dalla sua galleria nel salotto di Londra — in Duke Street a un passo da St James’s Palace — di opere d’arte ne ha viste passare molte. E per la verità, perlopiù capolavori, dai Canaletto ai Gauguin, Degas e Tiepolo. Come il Ritratto di Flora che si potrà solo ammirare a Firenze alla Biennale internazionale dell’antiquariato (non è in vendita). «Un Tiepolo inedito», spiega Baroni, «perché era rimasto nascosto al mondo per due secoli nella soffitta di un castello francese, considerato troppo osé dai proprietari». Poi, nel 2008, andò all’asta da Christie’s e Baroni lo acquistò per 2 milioni 841.250 sterline. «Avevo già visto il quadro a Parigi senza riuscire ad assicurarmelo. Lo ritrovai poi all’incanto da Christie’s».
E di chi è oggi, la bella Flora? «Non certo di mia proprietà, fa parte di una collezione privata, in compagnia di opere di Michelangelo, Goya e allo studio del 1967 per il ritratto di Lucien Freud, di Francis Bacon, battuto a Londra un anno fa. È la collezione per la quale ho acquistato buona parte dei capolavori negli ultimi anni». Dev’essere un appassionato d’arte assai danaroso, un inglese? «No, non è inglese. È molto eclettico... e per il momento ama circondarsi di questi tesori in totale riservatezza, poi chissà un giorno potrebbe volere una fondazione, esporli». Ha acquistato e consigliato opere a decine di grandi appassionati d’arte, come nasce una collezione? «C’è chi inizia con i blockbuster, i capolavori più conosciuti: sono le collezioni più recenti a debuttare così. C’è invece chi inizia da una piccola cosa, poco costosa e, man mano che fa fortuna, coltiva la passione con opere più prestigiose. Sono le collezioni più sentite. E nascono così quasi tutte le raccolte d’arte antica, anche se ora il vento soffia per l’arte contemporanea».
Il duello tra antichi e nuovi capolavori non è mai stato così acceso. Riesce a riconoscere un
collezionista d’arte antica da uno d’arte contemporanea? «Chi ama l’antica non chiede mai how liquid, quanto è liquida un’opera, quanto vale sul mercato, come domandano spesso i patiti di pezzi contemporanei — nota Baroni —. Ci sono anche sinceri estimatori di tele contemporanee, ma c’è una diversa passione. Per fare ancora un parallelo, ispirato alla finanza, tra i due mondi c’è la differenza che corre tra blue chip e new economy, ma tant’è l’onda oggi è a favore del contemporaneo anche perché di old master di qualità ce ne sono sempre meno. Così sono stato tra i promotori di Frieze Masters a Londra, per far conoscere ai ragazzi della Silicon Valley, ai banker, ai frequentatori di Frieze (14-17 ottobre a Regent’s park), anche Canaletto e Tiepolo». Opere come Flora, che per la Biennale arriva per la prima volta in Italia, a Firenze. «Resto legato a questa città, è nella storia di famiglia — conclude Baroni —. Così ho regalato agli Uffizi una tela di Jacopo Ligozzi: nei secoli era finita a decorare il soffitto di un’antica dimora in Germania». È il viaggio, sempre affascinante, degli old masters.