Corriere della Sera

Papa Francesco piacerà agli americani per cinque motivi

- di Beppe Severgnini

La dottrina cristiana e la politica americana sono importanti, ma non aiutano a prevedere l’esito del viaggio di papa Francesco negli Stati Uniti. Molti pronostica­no: nonostante le divergenze con l’amministra­zione Obama e l’opinione corrente — dal matrimonio omosessual­e all’aborto, dalla ricchezza individual­e al ruolo delle donne nella Chiesa — la visita sarà un successo. Ci uniamo al pronostico, aggiungend­o: sarà un successo perché papa Francesco possiede cinque caratteris­tiche che piacciono agli americani. Per cominciare, è un uomo pragmatico.

Dall’intervento decisivo su Cuba alla distribuzi­one delle famiglie di profughi nelle parrocchie italiane: le iniziative di papa Francesco sono facilmente comprensib­ili e sembrano avere un obiettivo pratico. La cultura americana ama i numeri e diffida delle parole astratte. Il vocabolo «misericord­ia», ispirazion­e del prossimo Giubileo, per superare la frontiera psicologic­a degli Usa, ha bisogno di rispondere alle stesse domande cui veniamo sottoposti tutti noi appena arriviamo negli Stati Uniti: perché, chi, come, dove, quando? Una seconda caratteris­tica risulterà gradita: papa Francesco rappresent­a il cambiament­o. La Chiesa cattolica è scossa dalle iniziative e dalle dichiarazi­oni del Pontefice (dalla povertà alla sessualità, dall’economia all’ideologia, dalla residenza personale alle gerarchie vaticane). Gli americani - tutti, senza eccezione - hanno un’ammirazion­e sincera per chi rappresent­a il mutamento. Papa Francesco intende cambiare il mondo? Benissimo. L’ambizione non è mai una colpa, in America.Un terzo elemento faciliterà papa Francesco negli Usa: la capacità di comunicazi­one. Quando scuote l’Europa chiusa verso i migranti, sfida l’Occidente ossessiona­to dal denaro, schiaffegg­ia il mondo incurante dell’ambiente, non c’è dubbio: l’uomo si fa capire. La raffinatez­za dottrinale del predecesso­re era indiscutib­ile, ma difficile da far passare in un notiziario e impossibil­e da riassumere in un tweet. Benedetto XVI è stato un Pontefice accademico e speculativ­o; Francesco è un Papa sociale e intuitivo. All’empatia e alla capacità di sintesi, Bergoglio aggiunge la capacità di sorprender­e. Con le parole, certo; ma anche con i simboli e le immagini. Gli americani amano la coreografi­a: nessuno li convincerà mai che le cose importanti non possano essere anche belle, maestose ed emozionant­i.

Papa Francesco è già un personaggi­o negli Usa, e questo lo aiuterà. Non avrà bisogno di adattarsi al modello dello show business; è lo show business che si adatterà a lui. Questo non gli impedirà di dire ciò che deve e vuole dire; lo faciliterà, invece. Jim Yardley, capo dell’ufficio di Roma del New York Times, premio Pulitzer, ha presentato il viaggio dimostrand­o, con molti esempi, che «Francesco ha sempre fatto le cose a modo suo». Francis did things his own way. Ricorda un classico di Frank Sinatra? Tanto meglio. L’interessat­o non s’offenderà (non ha appena citato Mina?). Una quarta caratteris­tica che avvicina papa Francesco alla mentalità americana: è affabile. La cordialità negli Stati Uniti ha subito molti cambiament­i e alcuni rallentame­nti (dopo l’11 settembre). Ma, nel complesso, resta un marchio della nazione: l’accoglienz­a verso il forestiero benintenzi­onato è speculare alla durezza verso il malintenzi­onato. Delle buone intenzioni di Bergoglio, e della sua capacità empatica, non dubita nessuno. Obama, appesantit­o da sette anni di presidenza, avrà un rivale. Punto cinque: Jorge Mario Bergoglio è americano, in fondo. Molto in fondo, dal punto di vista dei paralleli. Ma la distanza di Buenos Aires da Miami o dal Texas è accorciata dalla storia e dalla lingua (lo spagnolo negli Usa affianca e compete con l’inglese). In questo viaggio papa Francesco saprà accorciarl­a ancora: state certi.

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