Corriere della Sera

La rottura a sinistra che non ha pagato

- DAL NOSTRO INVIATO Stefano Fassina Maurizio Landini

È da più di un secolo che la sinistra radicale in Italia è più internazio­nalista di qualunque altra forza, e l’intensità con cui vive la saga greca è solo l’ultima prova di una storia gloriosa. Ogni svolta di Syriza, ogni sua scissione, produce a cascata crisi di identità, pellegrina­ggi ad Atene, divisioni fra compagni di una vita.

Queste elezioni non hanno fatto eccezione. Syriza, il cartello di sigle a sinistra dei socialisti che Alexis Tsipras ha trascinato al potere, continua a trasmetter­e le sue vibrazioni fino all’Italia. Decine dei suoi dirigenti si sono staccati dopo il «grande No» nel referendum di luglio, perché il premier ha firmato un duro piano di riforme a Bruxelles. L’onda lunga si è immediatam­ente scaricata sull’Italia. Pippo Civati e Stefano Fassina, usciti entrambi a sinistra dal Pd di Matteo Renzi, ad Atene si sono trovati su sponde diverse: il primo ha dato fiducia a Tsipras, il secondo ha scelto una linea dell’attenzione verso gli scissionis­ti greci ostili al memorandum europeo.

Ad Atene metà del comitato centrale di Syriza, la popolariss­ima (ex) presidente del parlamento Zoe Konstantop­oulou e vari uomini di governo hanno rotto con Tsipras e inaugurato un altro partito, Unità popolare. Risultato: meno di un decimo dei voti della «nuova» Syriza , zero parlamenta­ri. Il poster elettorale degli scissionis­ti era «Ochi», il no all’accordo che in luglio ha incassato il 62% e portato ad Atene decine di politici italiani per tifare e imparare. Eppure la quota di Unità popolare alle elezioni di domenica non arriva al 3%, anche qui in linea con una storia secolare di rotture fra compagni.

Ce n’è abbastanza perché in Italia la sinistra-sinistra italiana rifaccia i conti: l’80% dei greci ha votato partiti che vogliono l’euro e, pur di averlo, sono disposti ad affrontare il programma di riforme chiesto dai governi creditori. «Non ho condiviso la scelta di Tsipras sul memorandum, ma le dimensioni della sua vittoria devono far riflettere — riconosce Stefano Fassina —. Quando milioni di persone si esprimono, non basta dire che si sbagliano: bisogna capire». L’ex viceminist­ro dell’Economia, ormai fuori dal governo e dal gruppo parlamenta­re del Pd, azzarda una lettura sorprenden­te per un politico che flirta da un pezzo con l’uscita dall’euro: «In alcuni Paesi europei larghi settori popolari si fidano poco delle loro classi dirigenti nazionali e cercano un vincolo esterno per affrontare meglio i loro problemi», dice Fassina. Suona quasi come una pagina presa da un libro di Mario Monti, l’ex commissari­o europeo e premier della grande stretta di bilancio del 2012? Fassina precisa: «È vero che su questioni come la corruzione e la lotta all’evasione avere un memorandum europeo può aiutare ad agire. E l’uscita dall’euro non è un obiettivo, semmai può essere un piano B per negoziare meglio con la Germania».

Quanto a Fassina, ex funzionari­o del Fondo monetario internazio­nale, resta convinto che per la Grecia l’accordo europeo si confermerà insostenib­ile: il problema riesploder­à. Ma malgrado la sua apertura a Unità popolare, l’ex viceminist­ro dice che in Grecia avrebbe votato per la «nuova» Syriza: andava sbarrata la strada ai

L’entità della vittoria deve far riflettere Tsipras almeno non ha paura di rivolgersi agli elettori

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