«Il Papa stia attento a non farsi trascinare sul terreno dei politici»
NEW YORK «Sono eccitato, questa visita è un momento storico. E Francesco è un Papa molto amato. Ma credo che debba stare attento a non farsi coinvolgere troppo in questioni che hanno una valenza politica: rischia di perdere una parte della sua autorità morale, che è il suo patrimonio principale».
Jim Nicholson di papi se ne intende, visto che è stato ambasciatore degli Stati Uniti presso il Vaticano, nominato da George Bush. Ma si intende anche di politica, dato che dopo la sua esperienza diplomatica, una decina d’anni fa, divenne presidente del partito repubblicano.
Non è un mistero che su immigrazione, ambiente e lotta alla povertà e alle diseguaglianze economiche questo Papa sostenga tesi che non piacciono ai repubblicani. Secondo lei, quando verrà al Congresso, Francesco dovrebbe parlare d’altro?
« No, non ho sentito tutte queste critiche da parte repubblicana. E, comunque, la sua è una figura unica a livello mondiale: capo di uno Stato sovrano e di una delle maggiori religioni del mondo: può parlare legittimamente tanto di questioni politiche, visto che è un capo di
Stato, quanto di temi morali come capo della Chiesa. Mi chiedo solo se si renda conto fino in fondo dei rischi che corre se entra troppo in profondità in questioni che sono oggetto di un dibattito politico cruciale. Ma le mie attese, sono molto positive. Il Papa gode di un enorme sostegno per il suo impegno per i poveri. E ha mantenuto posizioni ortodosse sulle questioni etiche: patrimonio, aborto, eutanasia e contraccezione».
Ha anche detto che la distruzione dell’ambiente è un problema morale, oltre che politico. Ha favorito il disgelo tra gli Stati Uniti e Cuba. E ha dato la benedizione della Chiesa all’accordo con l’Iran.
«Molti negli Usa pensavano da tempo che fosse ora di riaprire le relazioni con Cuba: il ruolo avuto dal Papa va rispettato. Il disappunto deriva dal comportamento di Obama, che, nel fare l’accordo, non è riuscito ad avere più garanzie dal regime castrista sul rispetto dei diritti umani e il rilascio di prigionieri. Quanto all’Iran, quella del Vaticano è stata una presa di posizione politica molto rischiosa perché in quel trattato non ci sono le garanzie essenziali che Teheran avrebbe dovuto dare. Quanto all’ambiente, grande rispetto per la sincera preoccupazione he emerge dalla recente enciclica “Laudato Sì”. Senza dimenticare tutto quello che è stato possibile fare negli ultimi secoli per alleviare la povertà grazie ai combustibili fossili».
In un articolo sul Wall Stre-
et Journal firmato con Newt Gingrich lei dà il benvenuto al Papa ma gli impartisce anche insegnamenti su quello che è e che ha fatto l’America. Pedagogia o una punta di risentimento per un leader religioso sudamericano che nei suoi 78 anni di vita non ha mai messo piede negli Stati Uniti?
«Né lezioni da impartire né risentimento. Ma questa è un’occasione storica, oltre che per conoscere il Papa, anche per far sì che lui conosca l’America. È una “chance” per mostrargli quale straordinario Paese siamo. Un Paese che fin dall’inizio si è dato una forma di governo chiamata da molti “esperimento” perché indicava Dio come fonte dei diritti e ne affidava al popolo il governo, in un’epoca nella quale la pratica prevalente era quella dei diritti definiti (e spesso violati) da re, despoti e oligarchi. Un Paese che è stato per molto tempo capace di produrre ricchezza e di diffondere la prosperità».
Pensa che Obama cercherà di sfruttare questa visita a suo favore?
«Sì, tenta già di dimostrare che c’è un allineamento amichevole tra l’agenda della Casa Bianca e quella della Chiesa».
Scelte rischiose La benedizione della Chiesa all’accordo con l’Iran? Molto rischiosa