Profughi, l’Ue teme un’ondata dalla Turchia
Il Paese ospita 1,8 milioni di siriani. Oggi vertice a Bruxelles: verso un compromesso sulla redistribuzione
Attenzione alla Turchia. Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ne ha parlato a diversi interlocutori: se il governo di Istanbul allenta i controlli l’Europa rischia di essere travolta da un devastante flusso di profughi.
Il Paese guidato da Recep Tayyip Erdogan ospita 1,8 milioni di rifugiati siriani. Ha cominciato quattro anni fa e, temono le diplomazie, potrebbe non reggere oltre. Da un punto di vista giuridico non avrebbe molti problemi a giustificarlo. La Turchia ha aderito alla Convenzione di Ginevra in modo parziale, esprimendo una cosiddetta «riserva geografica»: il diritto di asilo è riconosciuto solo agli europei, non ai cittadini, per quanto perseguitati, provenienti da altre aree del mondo. Così non deve stupire se ieri il premier turco Ahmet Davutoglu ha ricevuto una delegazione di ospiti siriani, con parole concilianti: «Capiamo che volete andare in Europa. Siamo pronti a mandarvi in aereo in qualsiasi Paese vi accetterà».
Nella sua lettera rituale di invito al vertice di domani a Bruxelles e rivolta ai 28 leader Ue, Tusk non ha nominato la Turchia. Ma se ne discuterà nel summit e, stando alle indiscrezioni gli europei potrebbero offrire fondi a Erdogan purché continui la sua opera di filtro. Nel suo messaggio Tusk ha comunque usato toni drammatici sostenendo che bisogna fronteggiare «la brutale realtà» della situazione in Grecia, dove i «confini sono fuori controllo».
C’è quindi un salto, logico ed emotivo nello stesso tempo, nel passare da questo livello di allerta alla bozza di intesa sul « ricollocamento dei profughi»,che oggi verrà esaminata dai ministri degli Interni,sempre a Bruxelles. Il testo è sofferto, pieno di cancellature. Ma è probabile che alla fine delle due riunioni, l’Ue possa raggiungere il primo accordo concreto sulla gestione comunitaria dei migranti.
I numeri sono fissati nei dettagli: verranno redistribuiti 120 mila richiedenti asilo, quasi tutti siriani, tra 25 Paesi dell’Ue. Regno Unito, Danimarca e Irlanda hanno esercitato «l’optout » previsto dai Trattati e quindi non partecipano. Dall’Italia partiranno 15.600 rifugiati, dalla Grecia 50.400. Nel conto sono previste anche altre 54.000 persone bloccate in Ungheria. Per il momento non si muovono: il governo di Viktor Orban rifiuta il piano europeo. Motivo? Se avesse accettato avrebbe dovuto provvedere all’installazione dei centri di identificazione e registrazione, «gli hot spot», come dovranno invece fare Italia e Grecia. Per Orban, lo ha ripetuto ancora ieri, la vera soluzione è costruire muri.
Alla provocazione del leader magiaro (anche se lui ci crede davvero) l’Ue risponderà con un complicato esercizio di ragioneria politica. Italia e Grecia si sono dovute accontentare di una ripartizione limitata: quei 120 mila rappresentano solo il 43% dei richiedenti asilo censiti nei due Paesi, oltre ai 54 mila fermi in Ungheria (279 mila in totale). Non saranno previste ufficialmente «quote obbligatorie», ma la tabella di suddivisione è pronta e precisa: la Germania assorbirà 17.036 persone; mentre nel blocco dell’Est finiranno gruppi molto più ridotti: 1.591 alla Repubblica Ceca, per esempio, o 1.294 all’Ungheria che ha comunque accettato la sua parte.
Fino all’ultimo gli ambasciatori hanno limato i dettagli economici, quasi fosse un negoziato sui prodotti agricoli: ogni Paese di accoglienza riceverà 6.000-6.500 euro per ciascuna persona. Italia e Grecia 500 euro per ogni partenza. Sembra caduta, invece, l’idea di far pagare una multa a chi rifiuta il «ricollocamento» (6.500 euro a migrante).
Emergenza L’allarme di Tusk: se Istanbul allenta i controlli, l’Europa sarà travolta
Il tavolo del vertice degli undici capi di Stato europei, riuniti ieri nella fortezza medievale di Wartburg a Eisenach, in Germania: Raimonds Vejonis (Lettonia); Sergio Mattarella (Italia); Sauli Niinisto (Finlandia); Toomas Hendrik Ilves (Estonia); Rosen Plevneliev (Bulgaria); Heinz Fischer (Austria); Joachim Gauck (Germania); Borut Pahor (Slovenia); Anibal Cavaco Silva (Portogallo); Andrzej Duda (Polonia), momentaneamente lontano dal tavolo; Marie Louise Coleiro Preca (Malta). Nella giornata ci sono stati vari momenti di colloquio ta Mattarella e Gauck. Oggi il presidente italiano incontrerà a Erfurt, in Turingia, il polacco Andrzei Duda, uno dei capi di Stato europei più intransigenti sull’immigrazione (Ansa)