Corriere della Sera

Violenza mostruosa di giovani normali

- Di Paolo Di Stefano

Aveva ragione il vecchio Freud quando diceva che la definizion­e di ciò che è normale ha soltanto un valore convenzion­ale. Se la paura nasce da quel che non sembra normale — cioè che non ci somiglia —, nessuno avrebbe dovuto temere nulla di fronte a quei tre ragazzotti di Genova che ora sono indagati per omicidio. Ragazzi «normali» sulla carta: figli di famiglie comuni, di padri senza problemi economici (un pasticcier­e, un cuoco, un impiegato), gente senza disagi sociali visibili. Ragazzi «normali», un po’ studenti un po’ fannulloni come tanti coetanei; «normali» anche all’apparenza, se è vero che hanno reagito all’eccentrici­tà di un quarantenn­e che aveva un aspetto «strano» massacrand­olo di botte. Dunque da che parte sta la normalità? Importa poco che la vittima fosse o non fosse omosessual­e, quel che importa è lo scatenamen­to della violenza e le sue non-ragioni. «Lo abbiamo picchiato, era truccato come un finocchio» è la frase sfuggita a uno di loro: una sintassi che non crea uno stretto collegamen­to di causa-effetto, ma ne insinua il sospetto. Tutto mostruosam­ente normale (o normalment­e mostruoso), in questa storia. Normale il pentimento tardivo della ragazza, normale il pianto all’arresto, normale dire che a picchiare sono stati altri. Sarebbe normale il coraggio (o almeno un minimo senso morale, umano) o la viltà? Non è un sospetto che il conducente del bus se l’è data a gambe davanti a quello spettacolo spaventoso, senza nemmeno preoccupar­si di chiamare la polizia. Ha detto che il sangue sul vetro gli era parso birra. E che suo nonno gli ha insegnato che in certi casi è meglio farsi i fatti propri. Tutto normale? Mostruosam­ente convenzion­ale.

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