Violenza mostruosa di giovani normali
Aveva ragione il vecchio Freud quando diceva che la definizione di ciò che è normale ha soltanto un valore convenzionale. Se la paura nasce da quel che non sembra normale — cioè che non ci somiglia —, nessuno avrebbe dovuto temere nulla di fronte a quei tre ragazzotti di Genova che ora sono indagati per omicidio. Ragazzi «normali» sulla carta: figli di famiglie comuni, di padri senza problemi economici (un pasticciere, un cuoco, un impiegato), gente senza disagi sociali visibili. Ragazzi «normali», un po’ studenti un po’ fannulloni come tanti coetanei; «normali» anche all’apparenza, se è vero che hanno reagito all’eccentricità di un quarantenne che aveva un aspetto «strano» massacrandolo di botte. Dunque da che parte sta la normalità? Importa poco che la vittima fosse o non fosse omosessuale, quel che importa è lo scatenamento della violenza e le sue non-ragioni. «Lo abbiamo picchiato, era truccato come un finocchio» è la frase sfuggita a uno di loro: una sintassi che non crea uno stretto collegamento di causa-effetto, ma ne insinua il sospetto. Tutto mostruosamente normale (o normalmente mostruoso), in questa storia. Normale il pentimento tardivo della ragazza, normale il pianto all’arresto, normale dire che a picchiare sono stati altri. Sarebbe normale il coraggio (o almeno un minimo senso morale, umano) o la viltà? Non è un sospetto che il conducente del bus se l’è data a gambe davanti a quello spettacolo spaventoso, senza nemmeno preoccuparsi di chiamare la polizia. Ha detto che il sangue sul vetro gli era parso birra. E che suo nonno gli ha insegnato che in certi casi è meglio farsi i fatti propri. Tutto normale? Mostruosamente convenzionale.