Marino, il caso del nuovo viaggio negli Usa Il sindaco di Roma vedrà il Papa a Filadelfia. Le opposizioni: gli bastava andare in piazza San Pietro
Tutte le strade, per Ignazio Marino, portano a Filadelfia. È la sua città preferita, quella dove ha insegnato per anni, dove mantiene ottimi rapporti col mondo scientifico legato all’Università di Jefferson, della quale ancora conserva gelosamente l’uso della casella mail. Lì il sindaco di Roma, incurante delle polemiche sulle sue ferie estive, consumate tra i Caraibi e la East Coast degli Stati Uniti, tornerà (come anticipato dal Corriere) domani, con volo Roma-New York (e trasferimento in treno verso la Pennsylvania), per «intercettare» il tour di Papa Francesco. Occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire, specie per uno a cui la dimensione romana va sempre più stretta.
Ogni appuntamento, allora, è buono per lasciarsi alle spalle la routine cittadina, i problemi dei rifiuti, dei trasporti, di un Giubileo da organizzare coi minuti contati: tanto che, dopo il Papa, pare che il sindaco abbia già in agenda almeno un altro paio di viaggi, uno a Parigi, l’altro ancora in America. Marino, accusato spesso di «altrovismo», cioè di essere sempre nel posto sbagliato (fuori città) al momento sbagliato (alluvioni, cortei dei black bloc, funerali dei Casamonica, decisioni di Palazzo Chigi), tira dritto: «Sono stato invitato dal sindaco di Filadelfia e da monsignor Paglia, vado a parlare anche di questioni romane. Non sarei dovuto andare perché l’impegno arriva a settembre, subito dopo le vacanze?», la sua versi: sione. Marino rientrerà lunedì notte: sei giorni in tutto, con due persone di staff al seguito. Per vedere il Papa ma anche, fanno sapere in Campidoglio, per « un incontro con venti mecenati americani disposti ad investire nei Beni culturali della Capitale».
Dal centrodestra lo attaccano la leader di Fdi Giorgia Meloni («a Marino ricordiamo che ogni domenica, a piazza San Pietro, c’è l’Angelus...»), l’ex sindaco Gianni Alemanno («Marino scappa ancora») e il coordinatore romano di Forza Italia Davide Bordoni («Se queste gite sono a carico dei cittadini faremo un esposto alla Corte dei Conti»). Ma anche nel Pd c’è qualche malumore. Ufficialmente fanno tutti quadrato, a partire da Matteo Orfini: «Mi sembra una questione surreale: una missione all’estero è una cosa normalissima, fa parte dell’attività istituzionale di un sindaco». Dello stesso parere il vice di Marino, Marco Cau- «Polemica ridicola, di chi ha una visione provinciale. Tra i doveri del sindaco di una delle più importanti capitali europee, che sarà presto teatro del Giubileo e che si candida alle Olimpiadi, c’è quello di rappresentare la città sulla scena internazionale».
Ma, dietro le quinte, nell’entourage di Renzi, sono allibiti: «Marino riparte? Possibile che ancora non abbia capito?», dicevano al Nazareno. E anche qualche assessore della giunta capitolina ha mal digerito la partenza. Il deputato Michele Anzaldi commenta: «Marino cura i suoi rapporti personali, ma la città vive un momento delicato. Pensavamo fosse partita la fase due, invece...». Mentre Roberto Morassut, deputato ed ex assessore delle giunte Veltroni, si limita ad un «voglio pensare che abbia ritenuto indispensabile la sua presenza...». Su twitter si scatenano: «Ma che davero?», è lo sfottò. E ancora: «Ci è o ci fa? Senza parole». Seguono foto di Bergoglio a mani giunte («Ignazio, pure qua?») e cartine col tragitto Campidoglio- Vaticano («dieci minuti a piedi»). A Roma resta l’ennesimo caso: la Corte dei Conti ha «invitato» il Comune a mettere in mora gli assessori della giunta Alemanno, che firmarono le delibere a favore del salario accessorio dei dipendenti. Il danno erariale, tra il 2008 e il 2012, secondo i magistrati contabili, è stato di 340 milioni di euro.