Kerry: il Papa un argine contro le forze del caos E l’America è con lui
Kerry: gli attori religiosi hanno un ruolo fondamentale contro le forze del caos
Il Segretario di Stato americano, John Kerry, al Corriere: «Il Papa si trova in una posizione davvero unica per richiamare le parti in conflitto alla pace e alla riconciliazione. E facendolo dimostra che gli attori religiosi possono giocare un ruolo fondamentale nel contenere le forze del caos e stabilire un ordine mondiale più giusto». Kerry è «profondamente e favorevolmente colpito dalla simmetria tra le priorità diplomatiche del santo Padre e quelle dell’Amministrazione Usa».
In Francesco vede una delle personalità più influenti, dal punto di vista geopolitico. «Il Papa», spiega John Kerry, «si trova in una posizione davvero unica per richiamare le parti in conflitto alla pace e alla riconciliazione. E facendolo, dimostra una delle mie convinzioni più profonde: che gli attori religiosi possono giocare un ruolo fondamentale nel contenere le forze del caos e stabilire un ordine mondiale più giusto». Il «ministro degli Esteri» americano riconosce al Pontefice argentino un ruolo strategico nei rapporti tra Washington e L’Avana. «La sua iniziativa diplomatica è stata molto utile per fare evolvere le relazioni tra i due Paesi. E riflette la leadership e il dinamismo di papa Francesco nella politica globale. Siamo incoraggiati dal progresso che registriamo col governo di Cuba su molti fronti diplomatici». Ancora, ammette di essere «rimasto profondamente e favorevolmente colpito dalla simmetria tra le priorità diplomatiche del santo Padre e quelle della nostra Amministrazione». E a chi, tra gli intellettuali statunitensi, ha definito l’America «post-cristiana», risponde: «Gli Stati Uniti rimangono una delle società più religiose del mondo, e il suo paesaggio religioso continua ad essere in movimento. Il pluralismo religioso è una fonte della sua forza».
Il benvenuto del capo della diplomazia di Barack Obama a Jorge Mario Bergoglio sul suolo nordamericano è istituzionale, prudente; ma anche caldo e convinto. Lo dimostra in questa intervista al Corriere della Sera, proprio nelle ore immediatamente successive all’arrivo di Francesco sul suolo degli Stati Uniti: la prima volta nella sua vita. Il Segretario di Stato americano, cattolico di Aurora, in Colorado, 71 anni, veterano della guerra in Vietnam, e candidato Democratico alla Casa Bianca nel 2004, quando fu sconfitto dal Repubblicano (e protestante) George Bush e dalle polemiche di alcuni vescovi conservatori per le sue posizioni progressiste, insiste sui punti di convergenza con la Roma papale. Spiega le peculiarità di un’America che fa della diversità, anche delle fedi, una delle sue ricchezze più apprezzate. E adesso, come gran parte del popolo americano, aspetta di ascoltare le parole di Francesco nel suo viaggio più lungo e, forse, più intrigante.
Segretario Kerry, come definirebbe i rapporti tra Stati Uniti e Vaticano adesso che c’è Francesco?
«Gli Stati Uniti hanno stabilito relazioni diplomatiche formali con la Santa Sede fin dal 1984, e in questi anni abbiamo avuto rapporti intensi e produttivi. Durante il mio mandato, abbiamo affrontato in modo efficace con la Santa Sede molti temi di interesse comune: dai cambiamenti climatici alla lotta contro le ineguaglianze sociali, e contro il traffico di esseri umani; e proteggendo il diritto alla libertà religiosa nel mondo. Nel gennaio del 2014 ho anche letto con grande interesse il discorso di papa Francesco al corpo diplomatico accreditato in Vaticano. Sono rimasto profondamente e favorevolmente colpito dalla simmetria tra le priorità diplomatiche del santo Padre e quelle della nostra Amministrazione. Poco dopo il saluto del Pontefice ai diplomatici incontrai per la prima volta il Segretario di Stato Vaticano, cardinale Piero Parolin. Ed avemmo una discussione approfondita su come affrontare una serie di temi di comune interesse».
Non siete rimasti sorpresi dalla decisione del Papa di andare a Cuba prima di arrivare negli Stati Uniti? Lei come valuta la sua mediazione con il regime dei Castro per garantire la transizione di Cuba verso la democrazia?
«Sono stato estremamente contento per il contributo del Santo Padre alla normalizzazione dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. La sua iniziativa diplomatica è stata molto utile per fare evolvere le relazioni tra i due Paesi. Riflette la leadership e il dinamismo di papa Francesco nella politica globale. Siamo incoraggiati dal progresso che registriamo col governo di Cuba su molti fronti diplomatici».
Che impressione ha? Questo Papa sarà capace davvero di cambiare un orizzonte dove crescono i conflitti e la pace sembra una conquista meno a portata di mano?
«Credo che papa Francesco si trovi in una posizione davvero unica per richiamare le parti in conflitto alla pace e alla riconciliazione. E facendolo, dimostra una delle mie convinzioni più profonde: che gli attori religiosi possono giocare un ruolo fondamentale nel contenere le forze del caos e stabilire un ordine mondiale più giusto».
Ma gli Stati Uniti di oggi sono una nazione più o meno religiosa del passato? Lei saprà che alcuni intellettuali li accreditano come un «Paese post-cristiano». Lei condivide questa tesi?
«Gli Stati Uniti rimangono una delle società più religiose del mondo, e il suo paesaggio religioso continua ad essere in movimento. Gli Stati Uniti stanno diventando più pluralisti da questo punto di vista, così come appaiono più compositi sul piano delle razze e delle etnie. Gli studiosi hanno anche notato un cambiamento nel numero di americani che non si riconoscono in maniera formale con una particolare comunità religiosa, o che si identificano con fedi non cristiane. C’è una grande potenza in questa diversità, e il pluralismo religioso dell’America è una fonte della sua forza».
Che cosa pensa, signor Segretario di Stato, dell’enciclica di papa Francesco sui cambiamenti climatici? Anche per lei è così controversa? Quale è il suo giudizio sulle accuse al Papa di alcuni Repubblicani Usa, di «vendere roba comunista»?
«Ho letto l’enciclica del Papa sui cambiamenti climatici. E l’ho fatto con grande interesse. Sono stato colpito positivamente dal suo richiamo al mondo affinché si impegni seriamente per mitigare quanto sta avvenendo a livello globale sotto questo aspetto. La sua voce morale, che è unica, si appella a tutti, a prescindere dalla loro fede e dal loro modo di pensare, affinché si impegnino e condividano questo lavoro di protezione dell’ambiente. L’enciclica ha delineato uno stile inclusivo, ed è ancorata alla scienza e all’insegnamento sociale della Chiesa, nonostante sia aperta al dialogo con orientamenti e tradizioni religiose diverse. È questa capacità inclusiva a rendere il Pontefice un leader così convincente quando si parla delle sfide decisive del nostro tempo. Negli Stati Uniti, i suoi messaggi sono stati accolti in modo diffusamente positivo ed hanno provocato una discussione ampia e approfondita».
Siamo una delle società più religiose. Il pluralismo religioso è fonte della nostra forza