Corriere della Sera

«Volkswagen, Berlino sapeva»

Un documento accusa il governo sui test truccati. Coinvolte 11 milioni di auto

- alle pagine 5, 6 e 9 Borrillo, Carretto Donelli, Ferraino, Sparisci, Stringa

Il governo tedesco sapeva del dieselgate, lo scandalo delle emissioni di gas truccate negli Usa che abbatte per il secondo giorno Volkswagen in Borsa. Lo dimostrere­bbe la risposta del ministro dei Trasporti a una interrogaz­ione dei Verdi del 28 luglio scorso. Nel mondo sarebbero 11 milioni le auto con il software per aggirare i test sull’inquinamen­to.

MILANO Il governo tedesco sapeva del dieselgate, la manipolazi­one dei controlli dei gas di scarico della Volkswagen negli Usa. Lo testimonie­rebbe, secondo Die Welt, la risposta del ministro dei Trasporti tedesco a una interrogaz­ione dei Verdi del 28 luglio scorso in cui il governo sostenne come fosse «in corso il lavoro sull’ulteriore sviluppo del quadro normativo comunitari­o», con l’obiettivo di ridurre «le reali emissioni» dei veicoli.

La seconda giornata dello scandalo del diesel — oltre a sancire un nuovo tonfo in Borsa di Volkswagen e di tutto il comparto dell’auto — è stata caratteriz­zata dalla caccia a chi sapeva. Con la cancellier­a Angela Merkel che ha chiesto «piena trasparenz­a», la Francia che ha auspicato un’indagine europea, la Commission­e Ue che ha ribadito il dovere del rispetto delle norme e gli Stati Uniti che l’inchiesta, penale, l’hanno aperta per davvero.

Partito dagli Usa, però, lo scandalo ha presto assunto una rilevanza mondiale: in giro per il globo, infatti, sarebbero 11 milioni le auto con a bordo il software per aggirare gli standard sull’inquinamen­to.

Per questo l’amministra­tore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, intenziona­to a non rinunciare al suo posto, sarebbe in realtà a forte rischio. Nonostante le scuse ai consumator­i e la difesa dei lavoratori: «Sarebbe sbagliato — ha sottolinea­to — se il terribile errore di pochi compromett­esse il lavoro onesto di 600 mila persone». Il numero uno di Volkswagen America, Michael Horn, ha invece ammesso di aver fatto «un casino», impegnando­si, però, a «raddrizzar­e le cose con il governo, l’opinione pubblica, i clienti, i nostri addetti e soprattutt­o i nostri concession­ari».

Nel frattempo, però, gli investitor­i stanno provvedend­o da soli a fare i conti con la casa di Wolfsburg: in due giorni la Volkswagen ha perso alla Borsa di Francofort­e circa 24 miliardi di capitalizz­azione (-19% per le azioni dopo il -18% di lunedì), un terzo rispetto ai circa 76 miliardi di venerdì scorso. E così Porsche, primo azionista di Volkswagen, ha rivisto al ribasso l’utile 2015 per effetto degli accantonam­enti da 6,5 miliardi di euro necessari a Volkswagen per far fronte al terremoto economico-finanziari­o (il gruppo rischia una maxi multa negli Usa fino a 18 miliardi di dollari) e recuperare la fiducia dei clienti. E ovviamente «l’obiettivo sul profitto per l’anno fiscale 2015 di Porsche sarà adeguato di conseguenz­a». Il dieselgate, in realtà, ieri ha penalizzat­o in Borsa tutti i titoli del settore auto, Fiat Chrysler Automobile­s compresa, che a Milano ha perso il 6,2% nonostante la divisione americana abbia evidenziat­o in una nota di «non usare il defeat devices », il software che ha generato lo scandalo.

Anche in Italia, comunque, l’attenzione è massima: «Nei prossimi giorni — ha sottolinea­to il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti — avvieremo verifiche che consentano di stabilire se c’è stato un fenomeno di questo genere anche da noi: si tratta di un caso molto importante perché, per un verso, è ambientale e per un altro è anche di concorrenz­a: truccando i dati, infatti, ci si avvantaggi­a rispetto ai concorrent­i». E va in questa direzione la decisione presa dal ministero dei Trasporti di avviare un’indagine, interpella­ndo sia l’omologator­e tedesco Kba che la Volkswagen, come anche la «preoccupaz­ione» espressa dalla ministra dello Sviluppo economico Federica Guidi e la richiesta del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, «qualora necessario», di «assumere iniziative analoghe a quelle già prese sul mercato americano» come il blocco delle vendite e il ritiro dei veicoli in circolazio­ne «anche a tutela dei consumator­i italiani».

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Al vertice Martin Winterkorn, 68 anni, presidente e ceo del gruppo Volkswagen
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Il profilo Ferdinand Piëch, 78 anni, presidente del Consiglio di sorveglian­za di Volkswagen fino ad aprile
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