Corriere della Sera

Trema la Grosse Koalition tra industria e politici

- Di Danilo Taino

Non è dato sapere se il governo di Berlino fosse consapevol­e di essere in presenza di un raggiro. Se si tratti di connivenza o di leggerezza sarà da vedere. Ma entrambi i casi rivelano una tendenza a volere la Germania come sistema chiuso e protetto, nel quale i grandi gruppi industrial­i (e dei servizi) godono come minimo dell’occhio benevolo del sistema politico.

i grandi gruppi industrial­i (e dei servizi) godono come minimo dell’occhio benevolo del sistema politico. Il fatto che una truffa di questa portata, che tra l’altro fa vacillare il primo gruppo industrial­e del Paese, sia stata rivelata in America e non in casa deve fare arrossire.

Alla base, c’è un’idea che somiglia a quella di Fortezza Germania. Tanto è liberale nella macroecono­mia, sul non volere andare in deficit di bilancio, quanto il governo di coalizione è chiuso e spesso protezioni­sta nella difesa dei suoi campioni nazionali. Di tutti quelli dell’industria auto, per i quali Angela Merkel ha fatto una pesante lobby a Bruxelles affinché le emissioni delle auto di alta cilindrata, cioè tedesche, fossero poco penalizzat­e. Di altri campioni dell’ingegneria e della chimica, che la cancellier­a porta in giro per il mondo nei suoi viaggi «commercial­i». Ma soprattutt­o nei servizi, dai trasporti al commercio, dalle assicurazi­oni alle poste, la protezione di Stato rimane elevatissi­ma. Il sistema di governance delle grandi imprese, centrato sulla codetermin­azione con i rappresent­anti sindacali, chiude il cerchio di un sistema poco trasparent­e, fondato sui rapporti di potere e suscettibi­le di commettere errori e addirittur­a reati in quanto non controllat­o dal pubblico e dai mercati ma da una sorta di Grande Coalizione degli interessi che tiene insieme business, politica nazionale e locale, sindacati, finanza.

Negli anni passati, gli scandali hanno spesso scioccato l’opinione pubblica tedesca che, in fatto di corruzione, riteneva le sue imprese più bianche della neve. La Volkswagen visse una decina d’anni fa lo

scandalo di manager che rifornivan­o alcuni membri sindacalis­ti del consiglio di sorveglian­za del gruppo con denaro e prostitute munite di Viagra. In cambio di voti nel consiglio stesso, nel quale i rappresent­anti dei lavoratori hanno la metà delle poltrone, in ossequio al modello della codetermin­azione. La Siemens, altro campione nazionale, meno di dieci anni fa ha dovuto affrontare una gravissima crisi perché suoi dirigenti corrompeva­no all’estero e in casa (ancora sindacalis­ti). Deutsche Telekom, Deutsche Post, Deutsche Bahn, Lufthansa – con rapporti strettissi­mi col governo se non controllat­e – si permetteva­no di spiare dipendenti, giornalist­i, sindacalis­ti o membri dei loro consigli di amministra­zione. L’elenco sarebbe lungo ma sempre riporta a imprese protette dallo Stato, poco visibili ai mercati e quindi non controllat­e, convinte di potere fare ciò che vogliono, anche sciocchezz­e. Che possono essere monumental­i, come sta imparando la Volkswagen.

La governance Nelle imprese protette dallo Stato gli equilibri si basano su rapporti di potere trasversal­i

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La cancellier­a Angela Merkel la scorsa settimana al Salone di Francofort­e aveva definito «strategica» l’industria dell’auto. Ieri ha chiesto «massima trasparenz­a»
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