Trasferiti in 120 mila dall’Italia e dalla Grecia
In 120 mila da ripartire tra gli Stati. Alfano: in ritardo di due anni. Oggi summit Ue
Crisi migranti, l’Ue ha approvato il piano per il ricollocamento di 120 mila rifugiati. I Paesi di primo arrivo (Italia e Grecia) devono impegnarsi a rafforzare le strutture di identificazione e registrazione. Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Ungheria hanno votato contro, astenuta la Finlandia.
Il Consiglio dei 28 ministri degli Interni dell’Ue è riuscito a superare le opposizioni a Est e ad approvare il piano di ripartizione di 120 mila rifugiati, che si aggiungono ai 40 mila precedentemente concordati. Oggi il summit straordinario dei capi di governo, in programma a Bruxelles, può così valutare interventi nei Paesi extracomunitari di origine e di transito dei richiedenti asilo: considerati essenziali per frenare l’avanzata delle enormi masse di profughi diretti verso l’Europa per sfuggire a guerre, persecuzioni, violazioni dei diritti umani ed estrema miseria.
Italia e Grecia hanno ottenuto anche di dividersi i 54 mila rifugiati che l’Ungheria avrebbe dovuto trasferire negli altri Stati membri. Il premier ungherese Viktor Orbán li ha rifiutati per non aprire in cambio i centri di riconoscimento dei migranti (detti hot spot). A Budapest li considerano a rischio di attirare maggiori arrivi.
La Germania, appoggiata da Francia, Italia e dagli altri principali Stati membri, non è però riuscita a ottenere il consenso di tutti al piano dei 120 mila. È stato necessario il ricorso al voto a maggioranza per superare le opposizioni irriducibili di Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. La Finlandia si è astenuta.
Le principali tensioni sono scaturite dalla posizione della Polonia, che ha tenuto in sospeso il suo voto fino a quando non è arrivato il via libera da Varsavia. Fonti diplomatiche hanno attribuito l’apertura polacca all’eliminazione delle quote vincolanti e alla limitazione del provvedimento solo all’attuale emergenza.
Il ministro degli Interni francese Bernard Cazaneuve ha sostenuto che l’esito positivo è arrivato perché «il motore franco tedesco funziona». Il suo collega tedesco Thomas de Maziere ha rimarcato che l’approvazione è stata sostenuta da «una maggioranza travolgente».
Il responsabile del Viminale Angelino Alfano ha confermato che «la Polonia ha trasformato il proprio no in sì e abbiamo portato a casa un risultato a cui nessuno credeva». Alfano ha lamentato il «ritardo di due anni». Ma ha espresso soddisfazione perché l’Italia «ha ottenuto quello che voleva » (15.600 su 66 mila trasferimenti, dopo le 24 mila partenze sui primi 40 mila) con in più la quota dei 54mila rifugiati rifiutati dall’Ungheria. Il presidente di turno del Consiglio interni, il lussemburghese Jean Asselborn, ha confermato l’assegnazione aggiuntiva a Italia e Grecia purché nei prossimi 12 mesi situazioni di emergenza non richiedano di destinarne una parte ad altri Paesi in difficoltà.
Il presidente lussemburghese della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha considerato «ridicoli» i numeri concordati rispetto all’esodo complessivo di milioni di profughi verso l’Europa. Oggi al summit l’azione Ue contro l’emergenza sbarchi nel Mediterraneo si punta a un salto di qualità. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha fatto appello alla «responsabilità morale» dell’Europa e ha chiesto a tutti i Paesi membri di collaborare nel cercare soluzione alla crisi dei rifugiati. Ma i premier di Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania intendono ribadire la loro opposizione. Il ministro degli Interni slovacco Robert Kalinak ha annunciato che il suo governo e quello di Praga presenteranno nei prossimi giorni alla Commissione europea una lista di chiarimenti sul piano di ripartizione dei 120 mila rifugiati. E che, successivamente, potrebbero ricorrere alla Corte europea di giustizia.