Le Pen a processo per odio razziale
Aveva paragonato le preghiere dei musulmani all’occupazione nazista di Parigi La leader del Front National: «È un’occasione che non mi voglio perdere»
PARIGI Marine Le Pen è stata rinviata a giudizio per «incitamento all’odio razziale» e invitata a comparire in aula il 20 ottobre prossimo. «Certo che andrò in tribunale, non voglio certo perdermi un’occasione simile», ha immediatamente annunciato la leader del Front National.
Quel che le viene contestato è avere pronunciato queste frasi nel dicembre 2010, davanti a circa 300 militanti del FN di Lione, a proposito delle preghiere di strada nel quartiere della Goutte-d’Or, a Parigi: «Mi dispiace, ma per quelli che evocano sempre la seconda guerra mondiale, se ci mettiamo a parlare di Occupazione... Parliamone, allora, perché questa è un’occupazione del territorio».
Dai primi anni Novanta e fino al 2011, ogni venerdì centinaia di musulmani hanno affollato la moschea della rue Myrha, nel XVIII arrondissement di Parigi. I locali non bastavano per accoglierli tutti, i fedeli si radunavano allora in strada, chiudendola di fatto al traffico. Nel 2011 il comune di Parigi ha messo a disposizione altre sale nel poco lontano boulevard Ney e le preghiere di strada — illegali ma spesso tollerate — sono finite, con qualche eccezione.
«È un’occupazione di pezzi interi di territorio — aveva aggiunto a Lione Marine Le Pen tra gli applausi—, di quartieri nei quali si applica la legge religiosa. Certo, non ci sono carri armati, non ci sono soldati, ma è comunque un’occupazione e questa pesa sugli abitanti».
Una prima inchiesta era stata archiviata ma è stata poi riaperta in seguito al ricorso di un’associazione, che ha sottolineato come fosse inaccettabile paragonare islam e nazismo, le preghiere musulmane in strada con l’occupazione di Hitler.
Il Front National ha spesso giudicato che le preghiere in strada non fossero semplicemente il risultato della carenza di luoghi di culto. Accanto a semplici fedeli che volevano riunirsi per la preghiera del venerdì ce n’erano altri, secondo Le Pen, determinati a dare al raduno una dimensione politica, esibendo la potenza della comunità musulmana raccolta davanti all’imam che parlava in arabo, non in francese.
Marine Le Pen, che a differenza del padre non era mai stata rinviata a giudizio prima d’ora per «incitamento all’odio razziale » , ieri ha giudicato «scandaloso il fatto di essere perseguita dalla legge, nel Paese della libertà di espressione, per un’opinione politica», e ha dichiarato che andrà in tribunale per spiegarlo ai giudici.
La leader del Front National, in testa ai sondaggi per le elezioni regionali nel Nord, proverà a trasformare l’udienza in un comizio a favore della libertà d’espressione e contro le autorità, dal governo alla magistratura, che a suo dire negano la realtà pur di ubbidire al politicamente corretto.
Il rinvio a giudizio segna però una oggettiva battuta d’arresto nel processo di normalizzazione del Front National. Marine Le Pen dovrà poi difendersi da accuse che lei stessa ha di recente mosso al fondatore Jean-Marie, espulso dal partito per dichiarazioni inopportune sul nazismo. La figlia si troverà a invocare quella stessa libertà di espressione di recente rimproverata al padre.