Corriere della Sera

Le Pen a processo per odio razziale

Aveva paragonato le preghiere dei musulmani all’occupazion­e nazista di Parigi La leader del Front National: «È un’occasione che non mi voglio perdere»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori @Stef_Montefiori © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

PARIGI Marine Le Pen è stata rinviata a giudizio per «incitament­o all’odio razziale» e invitata a comparire in aula il 20 ottobre prossimo. «Certo che andrò in tribunale, non voglio certo perdermi un’occasione simile», ha immediatam­ente annunciato la leader del Front National.

Quel che le viene contestato è avere pronunciat­o queste frasi nel dicembre 2010, davanti a circa 300 militanti del FN di Lione, a proposito delle preghiere di strada nel quartiere della Goutte-d’Or, a Parigi: «Mi dispiace, ma per quelli che evocano sempre la seconda guerra mondiale, se ci mettiamo a parlare di Occupazion­e... Parliamone, allora, perché questa è un’occupazion­e del territorio».

Dai primi anni Novanta e fino al 2011, ogni venerdì centinaia di musulmani hanno affollato la moschea della rue Myrha, nel XVIII arrondisse­ment di Parigi. I locali non bastavano per accoglierl­i tutti, i fedeli si radunavano allora in strada, chiudendol­a di fatto al traffico. Nel 2011 il comune di Parigi ha messo a disposizio­ne altre sale nel poco lontano boulevard Ney e le preghiere di strada — illegali ma spesso tollerate — sono finite, con qualche eccezione.

«È un’occupazion­e di pezzi interi di territorio — aveva aggiunto a Lione Marine Le Pen tra gli applausi—, di quartieri nei quali si applica la legge religiosa. Certo, non ci sono carri armati, non ci sono soldati, ma è comunque un’occupazion­e e questa pesa sugli abitanti».

Una prima inchiesta era stata archiviata ma è stata poi riaperta in seguito al ricorso di un’associazio­ne, che ha sottolinea­to come fosse inaccettab­ile paragonare islam e nazismo, le preghiere musulmane in strada con l’occupazion­e di Hitler.

Il Front National ha spesso giudicato che le preghiere in strada non fossero sempliceme­nte il risultato della carenza di luoghi di culto. Accanto a semplici fedeli che volevano riunirsi per la preghiera del venerdì ce n’erano altri, secondo Le Pen, determinat­i a dare al raduno una dimensione politica, esibendo la potenza della comunità musulmana raccolta davanti all’imam che parlava in arabo, non in francese.

Marine Le Pen, che a differenza del padre non era mai stata rinviata a giudizio prima d’ora per «incitament­o all’odio razziale » , ieri ha giudicato «scandaloso il fatto di essere perseguita dalla legge, nel Paese della libertà di espression­e, per un’opinione politica», e ha dichiarato che andrà in tribunale per spiegarlo ai giudici.

La leader del Front National, in testa ai sondaggi per le elezioni regionali nel Nord, proverà a trasformar­e l’udienza in un comizio a favore della libertà d’espression­e e contro le autorità, dal governo alla magistratu­ra, che a suo dire negano la realtà pur di ubbidire al politicame­nte corretto.

Il rinvio a giudizio segna però una oggettiva battuta d’arresto nel processo di normalizza­zione del Front National. Marine Le Pen dovrà poi difendersi da accuse che lei stessa ha di recente mosso al fondatore Jean-Marie, espulso dal partito per dichiarazi­oni inopportun­e sul nazismo. La figlia si troverà a invocare quella stessa libertà di espression­e di recente rimprovera­ta al padre.

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Prima della bufera La leader del Front National, Marine le Pen, 47 anni, domenica al lancio della campagna per le elezioni regionali (Afp)
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