Corriere della Sera

Sindaca antimafia dall’arresto all’assoluzion­e

- Di Goffredo Buccini

Secondo un vecchio detto «in Calabria nulla è mai come appare». E pochi casi sembrano raccontarc­elo quanto la strana storia di Carolina Girasole, l’ex sindaca prima idolatrata dai media, poi arrestata e infine assolta (ieri) a Crotone. Biologa, eletta nel 2008 alla guida del Comune di Isola di Capo Rizzuto (sedicimila anime nella provincia crotonese), fedelissim­a di Libera e di don Ciotti, la Girasole viene innalzata dalle campagne giornalist­iche a simbolo dell’antimafia e della primavera delle donne calabresi (assieme alle colleghe Maria Carmela Lanzetta di Monasterac­e ed Elisabetta Tripodi di Rosarno). Subisce intimidazi­oni, bruciano la macchina al padre. Isola è un feudo della potente ‘ndrina degli Arena e lei diventa per molti la paladina della resistenza ai padrini. Omette di raccontare un dettaglio ai cronisti «del Nord» scesi a tratteggia­rne l’icona: che lei degli Arena è parente acquisita, avendo la sorella di suo marito Franco sposato il nipote diretto del vecchio boss Nicola Arena. «Mio cognato è un profession­ista incensurat­o, basta fango», dirà poi, quando è troppo tardi.

Circondata di chiacchier­e anche nel suo partito, il Pd, la Girasole perde le elezioni nel 2013, prova a candidarsi con la lista Monti, viene infine spedita agli arresti domiciliar­i. L’accusano di avere trattato voti (tramite suo marito) proprio con gli Arena e di averne in cambio favorito gli affari (in realtà modesti, su certi campi di finocchi sequestrat­i). È il trionfo della mafia travestita da antimafia, un grande classico, ormai, in Calabria come in Sicilia.

Ma al processo le intercetta­zioni della Guardia di Finanza traballano. Per dirne la qualità: si trascrive «300 voti» al posto di «trecento volte» (in dialetto calabrese le due parole si somigliano); si parla di un «sindaco» e si trascrive «sindaca». Un pasticcio, che, a fronte di una richiesta di condanna a 6 anni, si traduce nell’assoluzion­e in tribunale per tutti, Girasole (e marito) in testa. Siamo al primo grado, dunque tutto può ancora cambiare. Tuttavia due puntelli forse si possono mettere. Le guerre di potere in Calabria vanno maneggiate con cautela, poiché tendono a trasformar­si in scartafacc­i giudiziari (forse la Girasole cade, anche, sulla storica rivalità che contrappon­e Libera di don Ciotti alla locale Misericord­ia di don Edoardo Scordio, gestore del Cara). Le intercetta­zioni non sono un feticcio, deve corrispond­ervi un’attività investigat­iva di conferma. Una parentela può indurci a non eleggere qualcuno, non basta certo a spedirlo in galera.

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