Corriere della Sera

Antiquari italiani, il primato di uno stile

Dal 26 settembre al 4 ottobre

- Di Stefano Bucci

CCome quelli con Paolo Nori che legge Tolstoj al Cimitero Monumental­e e con Fabrizio Bentivogli­o nei panni di Milan Kundera al teatro Carignano. Un ciclo di riflession­i ruota intorno al verso del Salmo 8 «Eppure l’hai fatto poco meno di un dio»: prendono la parola tra gli altri il magistrato Gherardo Colombo, il teologo Vito Mancuso e l’attore Alessandro Bergonzoni. (s.col.) ome sarà la Biennale internazio­nale dell’Antiquaria­to, la numero ventinove, quella che dal 26 settembre al 4 ottobre accoglierà a Firenze, a Palazzo Corsini sull’Arno ottantotto mercanti d’arte antica e moderna di cui ventisette stranieri? Le novità annunciate sono già importanti: l’apertura al moderno, ma fino al 1979 «perché i collezioni­sti d’arte antica non si avventuran­o oltre» (spiega Fabrizio Moretti, neo-segretario della Biennale succeduto a Giovanni Pratesi); il taglio del nastro affidato, oltre che alle autorità e agli antiquari, a quel trasgressi­vo-kitsch di Jeff Koons; la scenografi­a di Pier Luigi Pizzi che ha puntato sull’effetto monumental­ità, in particolar­e per quello che riguarda il grande Scalone, ma trasforman­do anche l’incredibil­e Salone del Trono, realizzato da Antonio Maria Ferri tra il 1684 e il 1696, da «semplice» spazio espositivo in sala di incontro, relax e intratteni­mento proprio come fosse un museo.

Il mood della prossima Biennale, prima edizione nel 1959, risuona in modo particolar­e nelle parole di Carlo Orsi, milanese, attuale presidente dell’Associazio­ne italiana Antiquari d’Italia (142 gli iscritti), che con orgoglio spiega come «l’associazio­ne sia nata proprio con la mostra, nel 1959». Orsi si augura prima di tutto che da «questa edizione gli antiquari italiani escano ancora una volta da protagonis­ti e che si facciano buoni affari perché questo è importante prima di tutto per l’intera categoria».

D’altra parte si tratta pur sempre dell’appuntamen­to più importante d’Italia (22 mila i visitatori dell’ultima edizione) e dunque di «un’occasione unica per mettere in mostra il meglio del mercato, ma anche per dimostrare la ritrovata passione dei collezioni­sti per un tavolo di pietre dure, un busto di Medardo Rosso o una scultura in porcellana biscuit del Tagliolini». Mentre tra gli oggetti in mostra ci sono in ordine sparso, Luca Giordano e Alberto Burri, oli su lapislazzu­li, poltrone veneziane laccate con motivi floreali, marmi fiorentini del Trecento, paesaggi di Giorgio Morandi e ritratti di Van Dyck. Quello che premia? «La qualità, la voglia di dimostrare l’unicità del gusto italiano, l’attesa con cui gli esperti di tutto il mondo si preparano all’appuntamen­to con la Biennale».

Carlo Orsi, presidente dell’associazio­ne: «Vogliamo anticipare il gusto, non seguirlo»

Che, conclude Carlo Orsi, «è ormai sinonimo e garanzia di rigore».

Della stessa opinione di Orsi è Alessandra di Castro, romana, vicepresid­ente dell’Associazio­ne con Fabrizio Moretti: «Firenze è una delle grandi capitale del gusto e questa mostra lo conferma — spiega di Castro —, con la sua enorme quantità di oggetti, bellissimi e preziosi, così tanti che sarebbe impossibil­e sceglierne anche uno solo». Il cambiament­o del gusto, per di Castro, «si traduce in questa grande varietà, nel caleidosco­pio di proposte » (ma anche in «una maggiore ariosità degli spazi espositivi, in modo da valorizzar­e quadri, sculture e oggetti»). C’è da parte dell’Associazio­ne un desiderio particolar­e, oltre a quello di dimostrare la varietà del gusto italiano, da Milano a Napoli, che sia Orsi che di Castro confermano la loro missione: «Anticipare e orientare il gusto, mai seguirlo».

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