Corriere della Sera

ACCOGLIERE I MIGRANTI PIETÀ, MA ANCHE INTERESSE

- Daniele Barattelli d1nieleb@gmail.com

Finita la fase di emergenza, bisognerà dare una casa, un lavoro, ed altro, a tutti i migranti. Ed essi avranno anche il desiderio di ricongiung­ersi ai propri familiari. Tutti i Paesi stanno pensando a questa fase di emergenza. Ma qualcuno sta pensando già alla fase successiva, quella della normalità? a molti anni i sociologi e i demografi ci ricordano che l’Europa ha una insaziabil­e fame d’immigrazio­ne. Stiamo invecchian­do e il tasso di natalità (con poche eccezioni, fra cui la Francia) è pericolosa­mente stagnante. Per più di mezzo secolo, dalla fine della Seconda guerra mondiale, abbiamo fatto una politica di ridistribu­zione del reddito che ha straordina­riamente allargato l’area delle previdenze sociali. Chi pagherà le nostre pensioni e il nostro trattament­o sanitario quando il numero dei pensionati supererà quello di coloro che lavorano e versano i loro contributi all’Inps? I governi avrebbero dovuto allarmarsi quando hanno appreso che il 50% degli iscritti alla Cgil (il maggiore sindacato italiano) è costituto da pensionati. In un articolo apparso su LaVoce (un giornale italiano on line pubblicato a New York) uno studioso, Manlio Graziano, ricorda le parole pronunciat­e nel 2011 da Cecilia Malmström, allora commissari­a europea agli Affari sociali: «Quando incontro i ministri del Lavoro, quasi tutti parlano del bisogno di immigrati; ed è vero: ne abbiamo bisogno a centinaia di migliaia, a milioni a lungo termine. Ma quando i ministri vanno a parlare davanti alle loro opinioni pubbliche nazionali questo messaggio sparisce del tutto, perché il bisogno di immigrati è difficile da spiegare in un clima di disoccupaz­ione elevata, di rivolte per le strade, di crisi finanziari­a e di persone in estrema difficoltà».

La democrazia resta, nonostante tutto, il meno peggio dei sistemi possibili e sarebbe pericoloso ignorarne le regole, soprattutt­o in un momento in cui i governi sono insidiati da movimenti demagogici e populisti. Ma dall’esempio tedesco potremmo ricavare qualche utile ammaestram­ento. La Germania persegue ormai da qualche anno una politica d’immigrazio­ne selettiva, destinata a colmare i vuoti della demografia tedesca in alcuni settori della economia nazionale. Si è mossa con prudenza per evitare troppi soprassalt­i xenofobi, ma nelle scorse settimane ha saputo cogliere al volo un’occasione favorevole. Quando ha capito che le strazianti immagini dei migranti e del corpo del piccolo Aylan avrebbero screditato i movimenti xenofobi agli occhi della opinione pubblica tedesca, ha «prenotato» 800.000 siriani. È vero che nei giorni successivi ha nuovamente instaurato il controllo alle frontiere. Ma nel frattempo il governo tedesco aveva dato un importante contributo alla soluzione del problema e fatto contempora­neamente un ottimo investimen­to: i siriani sono una delle popolazion­i più scolarizza­te del Mediterran­eo meridional­e.

Non tutti i Paesi sono in condizione di imitare la Germania. Ma non sarebbe male se alcuni governi europei, fra cui il nostro, cercassero di spiegare ai loro connaziona­li che l’accoglienz­a dei migranti non è soltanto una manifestaz­ione di umana solidariet­à. È anche un interesse nazionale.

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