Mammografia, un diritto da garantire
Pensano di non averne bisogno, non la fanno per pigrizia, non hanno tempo. Sono questi i motivi principali che portano le italiane a non eseguire la mammografia, il test scelto in tutto il mondo per la diagnosi precoce del tumore al seno. In Italia tutte le donne tra i 50 anni e i 69 anni ogni due anni dovrebbero ricevere la chiamata dalla Asl a effettuare gratuitamente il test.
«Questo è il “minimo sindacale” che andrebbe garantito a tutti — spiega Marco Zappa, direttore dell’Osservatorio Nazionale Screening (ONS), che ha sede presso l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze —. Lo screening è un servizio compreso nei Livelli essenziali di assistenza, cioè nelle prestazioni sanitarie che spettano a tutti i cittadini». Purtroppo, però, c’è una marcata differenza fra le varie aree del Paese: se al Nord a più di 9 donne su 10 arriva l’invito regolarmente e al Centro a più di 8, la lettera di convocazione al Sud giunge solo a 4 aventi diritto su 10.
È di fronte a questa fotografia che Fondazione Umberto Veronesi per il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato alla prevenzione del cancro al seno, ha deciso di lanciare “Prevenzione Seno: obiettivo 100%”, una campagna nazionale che per la prima volta in Italia vede scendere in campo una grande alleanza fra tutti gli “addetti alla salute femminile”. «Con la mammografia, un esame sicuro e poco invasivo, possiamo sconfiggere il tumore al seno diagnosticandolo in tempo, quando è molto piccolo e curabile — ricorda Umberto Veronesi —. Il nostro compito oggi, con questa campagna, è invitare le donne a essere più attente. Serve la loro collaborazione attiva, senza la quale la scienza non sarà mai efficace quanto noi medici vorremmo».
Come sottolinea Carmine Pinto, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica: «Numeri alla mano, grazie allo screening la grande maggioranza dei carcinomi scoperti ha dimensioni inferiori ai due centimetri, per cui possiamo intervenire subito con la massima efficacia possibile. Vanno poi messi a punto metodi “personalizzati” per le donne più a rischio, per la loro storia familiare o per il loro assetto genetico (mutazione dei geni Brca)».
Stando all’ultimo Rapporto dell’ONS, però, se oggi il 70 per cento delle donne italiane dopo i 50 anni riceve l’invito per sottoporsi gratis alla mammografia, meno di 6 su 10 colgono l’occasione che può salvare loro la vita. Perché? Se scarsa informazione, pigrizia e mancanza di tempo sono le prime tre motivazioni addotte dalle “negligenti”, nella classifica delle ragioni seguono: «Non ho ricevuto l’invito», «Non mi è stato consigliato di farla», e «Ho paura dei risultati».
«È su questo fronte che possiamo intervenire in modo efficace e rapido perché seguiamo le donne fin dalla più giovane età — dice Paolo Scollo, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia —. Dobbiamo insegnare loro a non avere timore e a fare l’autopalpazione, aggiungendo un controllo approfondito del seno durante la visita ginecologica. E poi, se pur vediamo le pazienti per altri motivi, dobbiamo spronarle a partecipare allo screening».
E per quanto riguarda i possibili aspetti negativi dello screening, ovvero le eventuali diagnosi e trattamenti in eccesso, i falsi positivi, le radiazioni accumulate tramite i ripetuti esami? «È ben dimostrato da più studi scientifici — conclude Veronesi — che i benefici superano i rischi. Il carcinoma mammario è il tumore femminile più frequente in tutto il mondo (sono 48 mila le nuove diagnosi nel 2014 in Italia), causa ogni anno di milioni di morti, ma 9 donne su 10 che lo scoprono ai primi stadi guariscono definitivamente e la mortalità è in diminuzione».
L’intera popolazione femminile tra i 50 anni e i 69 anni ogni due anni dovrebbe ricevere la chiamata dalla Asl per effettuare gratuitamente questo esame. Ma tra le donne che ricevono l’invito, meno di 6 su 10 colgono questa opportunità