Corriere della Sera

Ruini: unioni civili prevedo proteste

«Le differenze con Francesco? Io vicino a Giovanni Paolo II e Benedetto Per le parole di monsignor Charamsa provo più pena che sorpresa»

- Di Aldo Cazzullo

«Se deciderann­o di andare avanti sulle unioni civili, le proteste non mancherann­o. In Francesco rivedo papa Giovanni. Io però condivido la sensibilit­à di Wojtyla e Ratzinger». Intervista del cardinale Camillo Ruini al Corriere, che sul coming out di monsignor Charamsa dice: «Ho provato un’impression­e di pena, più ancora che di sorpresa, soprattutt­o per il momento che ha scelto». E aggiunge: «Come prete ho anch’io obbligo di astinenza e in più di sessant’anni non mi sono mai sentito disumanizz­ato».

Cardinal Ruini, quale impression­e le ha fatto il «coming out» di monsignor Charamsa?

«Un’impression­e di pena, più ancora che di sorpresa, soprattutt­o per il momento che ha scelto».

L’intervista al «Corriere» ha avuto un’eco molto vasta. Influirà sul Sinodo?

«Non farà certo piacere ai sinodali, ma non avrà alcun influsso sostanzial­e».

Dice monsignor Charamsa: «La Chiesa capisca che la soluzione proposta ai gay credenti, l’astinenza dalla vita d’amore, è disumana». Lei cosa si sente di risponderg­li?

«Gli direi molto sempliceme­nte: come prete ho anch’io l’obbligo di tale astinenza e in più di sessant’anni non mi sono mai sentito disumanizz­ato, e nemmeno privo di una vita di amore, che è qualcosa di molto più grande dell’esercizio della sessualità».

È parso però che il Papa abbia aperto al dialogo, quando disse «chi sono io per giudicare un omosessual­e che cerca Dio?».

«Questa è forse la parola più equivocata di papa Francesco. Si tratta di un precetto evangelico — non giudicare se non vuoi essere giudicato — che dobbiamo applicare a tutti, omosessual­i evidenteme­nte compresi, e che ci chiede di avere rispetto e amore per tutti. Ma papa Francesco si è espresso più volte chiarament­e e negativame­nte sul matrimonio tra persone dello stesso sesso».

Esiste una «lobby gay» ai vertici della Chiesa? Il Papa stesso lo disse, sia pure in un incontro informale.

«Si sentono molte chiacchier­e in merito. Se sono vere, è una cosa triste, sulla quale bisogna fare pulizia. Personalme­nte però non ho elementi per parlare di lobby gay, e non vorrei calunniare persone innocenti».

Dica la verità: al di là del rispetto e anche dell’obbedienza, papa Bergoglio lascia perplessi voi cardinali legati alla stagione di Wojtyla e di Ratzinger.

«Non ho difficoltà a riconoscer­e che tra papa Francesco e i suoi predecesso­ri più vicini ci sono differenze, anche notevoli. Io ho collaborat­o per vent’anni con Giovanni Paolo II, poi più brevemente con papa Benedetto: è naturale che condivida la loro sensibilit­à. Ma vorrei aggiungere alcune cose. Gli elementi di continuità sono molto più grandi e importanti delle differenze. E fin da quando ero uno studente liceale ho imparato a vedere nel Papa prima la missione di successore di Pietro, e solo dopo la singola persona; e ad aderire con il cuore, oltre che con le parole e le azioni, al Papa così inteso. Quando Giovanni XXIII è succeduto a Pio XII, i cambiament­i non sono stati meno grandi; ma già allora il mio atteggiame­nto fu questo».

In Francesco rivede papa Giovanni?

«Per vari aspetti, sì. Bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo».

Francesco è un Papa «di sinistra»? Le differenze non sono soltanto nello stile, non crede?

«Certo le differenze non sono solo di stile. Ma non toccano la missione di principio e fondamento visibile dell’unità della fede e della comunione di tutta la Chiesa. Quanto all’essere di sinistra, lo stesso papa Francesco vi è tornato sopra più volte, dicendo che la sua è sempliceme­nte fedeltà al Vangelo, non una scelta ideologica. Ultimament­e ha pure aggiunto, scherzando, di essere “un po’ sinistrino”… se ricordo le parole esatte».

C’è il rischio che il Papa sia strumental­izzato sul piano ideologico, come teme il cardinale Scola?

«Che certe prese di posizione del Papa vengano enfatizzat­e e altre passate quasi sotto silenzio, è più di un rischio; è un fatto. Più che di strumental­izzazioni parlerei di schemi applicati alle personalit­à pubbliche; schemi ai quali i media si affezionan­o e difficilme­nte rinunciano. È successo anche a me: mi collocavan­o sempre nello schema».

Ad esempio?

«Sul matrimonio gay presi la posizione più aperta che si poteva prendere; ed è stata giudicata la più chiusa».

Lei disse che si potevano riconoscer­e diritti individual­i.

«E ora lo dicono giuristi come Mirabelli. Tutti i diritti individual­i si possono riconoscer­e e molti sono già stati riconosciu­ti».

Ma l’Italia non ha ancora una legge sulle unioni civili. Le norme di cui si discute in Parlamento richiamano il modello tedesco, non quello francese e spagnolo: niente matrimonio, niente adozioni. Perché un cattolico non potrebbe votarle?

«Proprio il modello tedesco prevede che le copie omosessual­i abbiano in pratica tutti i diritti del matrimonio, eccetto il nome. E la proposta di legge su cui si discute in Parlamento apre uno spiraglio pure all’adozione. Si sa benissimo, e alcuni sostenitor­i della proposta lo dicono chiarament­e, che una volta approvata si arriverà presto ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e alle adozioni. Personalme­nte condivido il commento del cardinale Parolin, dopo il referendum in Irlanda: “Il matrimonio omosessual­e è una sconfitta dell’umanità”. Perché ignora la differenza e complement­arità tra uomo e donna, fondamenta­le dal punto di vista non solo fisico ma anche psicologic­o e antropolog­ico. L’umanità attraverso i millenni ha conosciuto la poligamia e la poliandria, ma non per caso il matrimonio tra persone dello stesso sesso è una novità assoluta: una vera rottura che contrasta con l’esperienza e con la realtà. L’omosessual­ità c’è sempre stata; ma nessuno ha mai pensato di farne un matrimonio».

Ci sarà anche in Italia un movimento di protesta contro le unioni civili?

«Le avvisaglie ci sono già state con la manifestaz­ione del 20 giugno in piazza San Giovanni. L’organizzaz­ione è stata minima, e il riscontro mi ha colpito molto: si è parlato di 300 mila persone. Se si andasse avanti per una certa strada, difficilme­nte le proteste mancherann­o».

Lei ha detto al «Corriere» che l’ondata libertaria rifluirà, come è rifluita l’ondata marxista. Come fa a esserne così certo?

«Non ho detto che rifluirà, ma che potrebbe rifluire. La possibilit­à e la speranza, non la certezza, di un cambiament­o di direzione è suggerita dal contrasto tra l’ondata libertaria e il bene dell’umanità, che non è una somma di soggetti chiusi in se stessi, ma una grande rete in cui ciascuno ha bisogno degli altri. Mi stupisce che i governanti, che dovrebbero avere a cuore la coesione, non si rendano conto che in questo modo avranno società sbriciolat­e».

È possibile riammetter­e alla comunione

i divorziati risposati?

«No. I divorziati risposati non si possono riammetter­e alla comunione non per una loro colpa personale particolar­mente grave, ma per lo stato in cui oggettivam­ente si trovano. Il precedente matrimonio continua infatti a esistere, perché il matrimonio sacramento è indissolub­ile, come ha detto papa Francesco nel volo di ritorno dall’America. Avere rapporti sessuali con altre persone sarebbe oggettivam­ente un adulterio».

È possibile pensare a eccezioni caso per caso?

«Non mi piace la parola “eccezioni”. Sembra voler dire che ad alcuni si concede di prescinder­e dalla norma che li riguarda. Se invece il senso è che ogni singola persona e ogni singola coppia vanno considerat­e in concreto per vedere se quella norma le riguarda o non le riguarda, questo è un principio generale che va tenuto presente sempre, non solo per il matrimonio ma per tutto il nostro comportame­nto».

In astratto è possibile quindi che un divorziato risposato riceva la comunione?

«Sì, se il matrimonio è dichiarato nullo».

Le nuove disposizio­ni al riguardo non rischiano di ammorbidir­e il vincolo, di introdurre una sorta di divorzio cattolico?

«Il rischio può esistere solo se le nuove disposizio­ni non vengono applicate con serietà. Bisogna migliorare anzitutto la preparazio­ne dei giudici. Introdurre surrettizi­amente una specie di divorzio cattolico sarebbe una pessima ipocrisia, molto dannosa per la Chiesa e per la sua credibilit­à. Ma la decisione di papa Francesco, che molti di noi — me compreso — auspicavan­o, non ha niente a che fare con un’ipocrisia del genere».

Se la mancanza di fede di uno degli sposi può portare alla dichiarazi­one di nullità, non si aprono spazi molto vasti?

«Certo. E per questa ragione papa Benedetto, pur essendo convinto che la fede sia necessaria per il matrimonio sacramenta­le come per ogni altro sacramento, è stato molto prudente nel trarre da questo principio conseguenz­e pratiche. Anche papa Francesco si è limitato a indicare la mancanza di fede come una delle circostanz­e che possono consentire il processo più breve davanti al vescovo, quando questa mancanza di fede generi la simulazion­e del consenso, o produca un errore decisivo quanto alla volontà di sposarsi. Scherzosam­ente potrei dire che chi si è spinto più avanti su questa strada sono piuttosto io, nel mio contributo al libro degli undici cardinali che esce in questi giorni...».

Una famiglia di migranti in ogni parrocchia: la convince? O condivide le perplessit­à dell’arcivescov­o di Bologna?

«Il cardinale Caffarra ha messo in luce le condizioni senza le quali l’accoglienz­a diventa difficile, e può anche essere controprod­ucente. Cercare di realizzarl­e è un servizio e non un ostacolo all’accoglienz­a».

Caffarra sostiene che bisogna accogliere i migranti «conosciuti».

«Conosciuti nel senso di identifica­ti. Diciamo la verità: molti anche nella Chiesa non accolgono nessuno; molti accolgono così, alla garibaldin­a. Bisognereb­be trovare una via di mezzo».

Anch’io come prete ho l’obbligo dell’astinenza ma non mi sono mai sentito disumanizz­ato Si sentono molte chiacchier­e su una lobby gay ai vertici della Chiesa, una cosa triste se fosse vera Il cardinale Caffarra ha evidenziat­o le condizioni senza le quali l’accoglienz­a dei migranti diventa difficile Bergoglio sta facendo un enorme bene alla Chiesa Sì, in lui rivedo per vari aspetti la figura di Papa Giovanni

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A San Pietro Il cardinale Camillo Ruini, 84 anni, alla messa di Pentecoste dello scorso 24 maggio
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