La «regina degli assassini» tradita dal suo ex amante
Messico, manette a Melissa Calderón: è accusata di 170 omicidi
Camminavano insieme attraverso le vie della Città Vecchia, andavano a pregare al Muro del Pianto alla fine di shabbat, il giorno più sacro per gli ebrei. L’assalitore li ha colpiti con un coltello, ha preso la pistola che uno dei due uomini aveva con sé e ha cominciato a sparare ai passanti. Accorrevano anche le guardie della polizia di frontiera che hanno ucciso l’attentatore palestinese.
Le vittime farebbero tutte
Melissa Margarita Calderón Ojeda o semplicemente «La China». Trentuno anni e 170 omicidi alle spalle. Nel senso che ha partecipato direttamente o li ha commissionati. Persone assassinate, smembrate, sotterrate in fosse comuni della Bassa California messicana. Vittime alle quali talvolta hanno tagliato le orecchie, prima del colpo di grazia. Target di un’ambiziosa narcocriminale. Che però ha finito di dalla punta della Baja corre fino al confine con gli Usa. Solo che i capi avevano altre idee e quando le hanno tolto il comando dell’unità per passarlo ad un altro personaggio, El Grande, lei ha deciso di reagire.
I report della polizia e i racconti degli esperti della guerra messicana sostengono che si è messa in proprio, creando la sua fazione. Con una gerarchia precisa: il fidanzato Pedro «El Chino» Gómez come numero due; Peter Cisneros, incaricato delle vendite e della distruzione dei cadaveri; Sergio Beltrán «El Scar» alla guida dei killer; Rogelio «El Tyson» alla logistica. Un pugno di seguaci che si sono portati dietro la manovalanza per condurre l’offensiva. Melissa ha disobbedito agli ordini, ha acquistato altri pick up per le scorrerie, ha reclutato giovani nella zona. Tra loro anche Gabriel Huizar. In una ricostruzione apparsa su Daily Beast