Corriere della Sera

Nel rifugio

- Guido Olimpio

descrivono come si sia finta ubriaca per trarre in inganno un bersaglio, un giovane condannato a morte dai criminali. Quando l’uomo ha cercato di aiutarla è spuntata un’altra ra- Melissa Margarita Calderón Ojeda, detta «La China», 31 anni, nel suo covo protetta dalle guardie del corpo prima dell’arresto. Alla guida di un «esercito di killer», da dieci anni era il terrore della Bassa California: mutilava con il machete le sue vittime prima di farle uccidere

gazza con in mano una calibro nove. Poi quattro colpi in succession­e e un urlo: «È il regalo de La China». Uno dei tanti episodi della battaglia dura, segnata da agguati e imboscate architetta­te dalla donna. Incursioni per eliminare gli spacciator­i rivali e per imporre il proprio controllo su porzioni di territorio. La presenza in un quartiere, un team in una zona vicina ad una grande arteria, il patto — indispensa­bile — con poliziotti corrotti sono parte della sfida mafiosa. In Messico come altrove.

L’organizzaz­ione di Melissa ha dovuto vedersela con i banditi di «El Lucifer», un altro che da esecutore è passato a ruoli di comando nel network rivale. I militari hanno trovato un cellulare dove lo si vede torturare una persona per scoprire il nascondigl­io della nemica. Sangue versato per nulla. È arrivata prima la polizia, nel modo più classico dopo l’arresto, all’inizio dell’estate, di Gómez. Una volta in prigione si è dimenticat­o dell’amica ed ha cantato permettend­o agli investigat­ori di intercetta­re La China mentre stava per imbarcarsi su un aereo. Una fine banale per chi pensava di essere una regina nera.

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