Le ciabattine in pizzo di Balenciaga
L’ultima collezione di Alexander Wang. Il messaggio «Save Venezia» di Westwood
Esce saltando come un grillo, scattandosi selfie e ballando. I lunghi capelli che gli svolazzano sul viso da bambino. In fondo alla passerella l’inchino a mo’ di giullare. Non c’è un modo uguale all’altro per chiudere una storia, lunga o corta che sia. Certo quello scelto da Alexander Wang per salutare i suoi tre anni in Balenciaga è stato l’addio più allegro che fashion system abbia mai visto. A tal punto quasi da cancellare lo spettacolo di pochi minuti prima: una sfilata precisissima tutta color crema fatta di piccoli capolavori di raso e pizzo e chiffon lingerie. Abitini scivolati e sbiecati, gonnelle corte, bluse e blouson, top e pantaloni pigiamosi, camiciole e reggiseno, sacchetti di trine o tracolle di seta. Il tutto però condito di quella polverina underground che piace tanto a Wang, un po’ alla Courtney Love Anni 90, a effetto romanticismo peccaminoso. Il tocco strafottente? Le ciabattine di pizzo, modello grande albergo, che tutte le modelle indossano, compresa una piccoletta tutta grinta e personalità: Zoe, attrice e cantante figlia di Lenny Kravitz. Perfetta nel ruolo. Saluta appunto Wang. E ora? Il toto nome si allunga ogni giorno: da Chitos Abe (Sacai) a Julien Dossena (Paco Rabanne) a Vaccarello (Anthony Vaccarello e Versus) a Bouchra Jarrar.
Ritorno al nero, assoluto, invece da Yoji Yamamoto. Unica concessione: il ciuffo rosso delle modelle e l’ultima uscita in lungo carminio tutta una balza e un laccio con corpetto. La collezione ha il sapore del tempo quando il tempo lascia tracce indelebili: stoffe usurate, colori slavati e sovra tinti, asimmetrie e pezzi che sfuggono. Struggente e sensuale.
Raccontano di un passato grande e colto anche gli abiti dedicati a Venezia di Vivienne Westwood che sostiene che occorre fare qualcosa per salvare la città che sta morendo per colpa «del mare che si alza ma anche dei veneziani che stanno andando via, vendendo le loro case a ricchi russi, americani, arabi». «Save Venezia» è scritto sul bikini e poi sulle stampe di certi abiti drappeggiati sui corpi alla maniera di Vivienne. Pastrani di sete e broccati, completi Arlecchino con pezzi di stoffa riciclata, lunghi a colonna e il blazer unisex e «unisize» che indossano sia le ragazze con il pantalone, sia gli uomini con la gonna. Per l’inglese non è una novità: da sempre lei fa sfilare i ragazzi con le sottane, anche perché, dice, è un modo per risparmiare: compri uno vesti due.
Meno «maschile» a questo giro la collezione Acne di Jonny Johansson: non senza i blazer con rever a lancia e a un bottone, indossati anche ad abito come fanno le ragazze, ma anche mini-tubini anatomici e sportivi, o di velluto o di rete, gonne corte e asimmetriche o midi con lo spacco, stampe con cd optical o chitarre elettriche colorate perché la tipa suona sempre un po’ di rock.
Più tosta anche la signorina per bene di Eliee Saab che a questo giro, ogni tanto smette, con chiffon e pizzi e indossa bomber (certo a fiori) e gonnelle di raffia e sandali da gladiatrice. Sono ragazze «sexy-ossa» da Mugler che veste le sue filiformi modelle di abiti che segnano la vita sottile e le spalle magre o si aprono in spacchi vertiginosi su gambe chilometriche. Presentazione/sfilata con tutta l’artigianalità del made in Italy per Drome. Marianna Rosati scalda l’atmosfera abbandonando le visioni industriali e sceglie abiti che raccontino storie vissute. L’imperfezione, quindi: tagli al vivo e asimmetrici, colori polverosi, plissé cotti al forno e camoscio al posto della pelle perfetta. Gonne midi e pull di cuoio intrecciato denim sfilacciato. Brava.