LA QUESTIONE ENERGETICA E LA LOTTERIA DEI TAR
Si va probabilmente verso un referendum che la prossima primavera deciderà se in Italia si potrà produrre gas e petrolio. Un tema delicato, come assai delicate e ad alto contenuto di emotività sono sempre state le questioni relative alla politica energetica nazionale: basti ricordare le consultazioni del 1987 e del 2011 sul nucleare, se non addirittura gli scontri a Scanzano Jonico sul deposito dei rifiuti radioattivi. Sembra però che nello scenario che si è creato — Regioni contro lo Stato, ambientalisti e «no triv» contro le compagnie petrolifere, regolamenti di conti interni ai partiti, in sede nazionale e locale — ci si sia scordati di un attore, e di uno strumento, a suo modo determinante: la giustizia amministrativa. Ieri, ad esempio, il Tar della Sardegna ha respinto il ricorso di una società, la Saras, che si opponeva al blocco di un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi deciso dalla Regione (una delle 10 che ha chiesto il referendum). A scegliere la via della giustizia amministrativa questa volta è stata una compagnia, anche se molto più spesso accade il contrario. Ma al di là del caso particolare resta la costante dei continui ricorsi a Tar e Consiglio di Stato per risolvere controversie che hanno origine nelle scelte ambigue del passato su chi debba, per esempio, decidere la politica energetica. Il ricorso alla giustizia amministrativa è legittimo, ma i Tar dovrebbero sanare contenziosi e non diventare lo strumento che determina, in un modo o in altro, le scelte economiche (o energetiche) di un Paese. Mentre ci si sta incamminando verso il referendum sulle trivellazioni ci sarà il tempo per affrontare anche questa questione? Sarebbe un esercizio utile, visto che all’orizzonte, sebbene si cerchi di tenerla lontana, si profila anche la pubblicazione della mappa delle aree che potrebbero ospitare il Deposito dei rifiuti nucleari. Sarà un Tar a decidere dove?