IL SENATO DELLE REGIONI SARÀ UN’OCCASIONE PER IL NOSTRO MERIDIONE
Compiti Anche se finora l’attenzione si è concentrata sulle modalità di elezione dei rappresentanti, il cardine della riforma risiede nell’articolo 1, che detta le funzioni del nuovo organismo
Anche se — a seguito delle polemiche sulle modalità di elezione dei senatori — l’attenzione politica si è concentrata sull’articolo 2, è l’articolo 1, sulle funzioni che saranno attribuite al Senato, il cardine della riforma, quello con il quale tutte le successive norme dovranno essere coerenti. Tutti d’accordo, o quasi, sull’obiettivo di superare l’attuale bicameralismo paritario e riservare alla sola Camera la fiducia al governo, ed escludendo che ciò avvenga attraverso l’eliminazione del Senato, il compito dei riformatori è quello di definire per quest’ultimo un ruolo importante, ma nettamente diverso da quello della Camera.
Da tempo l’opinione prevalente era quella di spostare l’impegno del Senato dal governo allo Stato, dall’insieme della legislazione alla parte di essa riguardante il disegno delle autonomie territoriali, il disegno che la riforma del Titolo V della Costituzione alla fine della XIII legislatura aveva lasciato incompleto e confuso. Se questi erano orientamenti ampiamente condivisi, che del Senato siano parte consiglieri regionali e sindaci non dovrebbe provocare scandalo, perché è conseguenza dei principi di rappresentanza democratica e così avviene, in diverse forme, quando la seconda Camera rappresenta i territori in un Paese dotato di forti autonomie territoriali.
Dunque un compito di alto rilievo costituzionale, ma soprattutto di grande impegno politico in un Paese che presenta i più gravi squilibri regionali — economici, sociali, culturali — tra i grandi Paesi dell’Europa occidentale. Di questo ho già scritto in un precedente commento su questo giornale (14/9), ma merita di ritornarci: anche se disegnata imperfettamente, la riforma del Senato offre l’occasione di affrontare con armi adeguate il più longevo, intricato e intollerabile dei nodi strutturali del nostro Paese, gli squilibri territoriali. Ovvero, per parlar chiaro, la questione meridionale. Offre questa occasione perché l’obiettivo di cui dicevo sta scritto in lettere piuttosto chiare nell’articolo 1 da poco approvato: «Il Senato… concorre all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione Europea… Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni… Verifica l’impatto delle politiche dell’Unione Europea sui territori… Concorre a esprimere pareri sulle norme di competenza del governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato». E offre questa occasione perché questo compito di impulso, di vigilanza e di verifica non è lasciato alle mutevoli priorità politiche dei governi, ma incardinato in supremo organo costituzionale, che opera in modo continuativo.
C’è molta speranza e forse un po’ di utopia in quanto ho scritto e molti sorrideranno pensando alla qualità dei consiglieri regionali che andranno a comporre il Senato, di solito schierati con i partiti che li hanno eletti e con l’obiettivo preminente di portare a casa, alla loro regione, più soldi dalle casse dello Stato e dell’Europa. Ma non è scritto che le cose vadano a finire così, se il governo riuscirà a imporre severi vincoli di bilancio: in questo caso sarà difficile che si formi un comune fronte corporativo per strappare quattrini secondo un criterio di spartizione del bottino accettato da tutti.
Sarà inevitabile, anche se fonte di conflitti non voluti, che i rappresentanti regionali comincino a scontrarsi tra di loro su argomenti di efficienza e controllo della spesa: Regioni che spendono male o troppo si troveranno molto a disagio di fronte a un esame dettagliato dei loro conti e dei loro risultati da parte dei colleghi di altre Regioni. E a maggior ragione così avverrà se gli uffici del Senato si trasformeranno in organi di inchiesta e valutazione di alto livello delle pubbliche amministrazioni a livello locale, sia di quelle autonome che di quelle dipendenti dai ministeri. Esistono organi che svolgono funzioni analoghe: la Corte dei conti ha rilievo costituzionale e già tende a estendere le sue indagini oltre un mero audit giuridico-contabile. Ma la distanza che la separa dai suoi omologhi in altri Paesi civili, soprattutto da quelli anglosassoni, è molto ampia: per latitudine di obiettivi ( performance audit, più che financial audit), risorse, quantità e varietà di competenze, radicamento e rilevanza nell’attività parlamentare.
Se avessero alle spalle organi tecnici di questa qualità, se gli incentivi a operare efficientemente fossero ben disegnati, forse non pochi dei tanto criticati consiglieri regionali, una volta al Senato, si trasformerebbero in mastini dell’efficienza, del risparmio e della qualità dei servizi. Nei confronti di altre Regioni, naturalmente.
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