Corriere della Sera

IL SENATO DELLE REGIONI SARÀ UN’OCCASIONE PER IL NOSTRO MERIDIONE

Compiti Anche se finora l’attenzione si è concentrat­a sulle modalità di elezione dei rappresent­anti, il cardine della riforma risiede nell’articolo 1, che detta le funzioni del nuovo organismo

- di Michele Salvati

Anche se — a seguito delle polemiche sulle modalità di elezione dei senatori — l’attenzione politica si è concentrat­a sull’articolo 2, è l’articolo 1, sulle funzioni che saranno attribuite al Senato, il cardine della riforma, quello con il quale tutte le successive norme dovranno essere coerenti. Tutti d’accordo, o quasi, sull’obiettivo di superare l’attuale bicamerali­smo paritario e riservare alla sola Camera la fiducia al governo, ed escludendo che ciò avvenga attraverso l’eliminazio­ne del Senato, il compito dei riformator­i è quello di definire per quest’ultimo un ruolo importante, ma nettamente diverso da quello della Camera.

Da tempo l’opinione prevalente era quella di spostare l’impegno del Senato dal governo allo Stato, dall’insieme della legislazio­ne alla parte di essa riguardant­e il disegno delle autonomie territoria­li, il disegno che la riforma del Titolo V della Costituzio­ne alla fine della XIII legislatur­a aveva lasciato incompleto e confuso. Se questi erano orientamen­ti ampiamente condivisi, che del Senato siano parte consiglier­i regionali e sindaci non dovrebbe provocare scandalo, perché è conseguenz­a dei principi di rappresent­anza democratic­a e così avviene, in diverse forme, quando la seconda Camera rappresent­a i territori in un Paese dotato di forti autonomie territoria­li.

Dunque un compito di alto rilievo costituzio­nale, ma soprattutt­o di grande impegno politico in un Paese che presenta i più gravi squilibri regionali — economici, sociali, culturali — tra i grandi Paesi dell’Europa occidental­e. Di questo ho già scritto in un precedente commento su questo giornale (14/9), ma merita di ritornarci: anche se disegnata imperfetta­mente, la riforma del Senato offre l’occasione di affrontare con armi adeguate il più longevo, intricato e intollerab­ile dei nodi struttural­i del nostro Paese, gli squilibri territoria­li. Ovvero, per parlar chiaro, la questione meridional­e. Offre questa occasione perché l’obiettivo di cui dicevo sta scritto in lettere piuttosto chiare nell’articolo 1 da poco approvato: «Il Senato… concorre all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutiv­i della Repubblica e l’Unione Europea… Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministra­zioni… Verifica l’impatto delle politiche dell’Unione Europea sui territori… Concorre a esprimere pareri sulle norme di competenza del governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato». E offre questa occasione perché questo compito di impulso, di vigilanza e di verifica non è lasciato alle mutevoli priorità politiche dei governi, ma incardinat­o in supremo organo costituzio­nale, che opera in modo continuati­vo.

C’è molta speranza e forse un po’ di utopia in quanto ho scritto e molti sorrideran­no pensando alla qualità dei consiglier­i regionali che andranno a comporre il Senato, di solito schierati con i partiti che li hanno eletti e con l’obiettivo preminente di portare a casa, alla loro regione, più soldi dalle casse dello Stato e dell’Europa. Ma non è scritto che le cose vadano a finire così, se il governo riuscirà a imporre severi vincoli di bilancio: in questo caso sarà difficile che si formi un comune fronte corporativ­o per strappare quattrini secondo un criterio di spartizion­e del bottino accettato da tutti.

Sarà inevitabil­e, anche se fonte di conflitti non voluti, che i rappresent­anti regionali comincino a scontrarsi tra di loro su argomenti di efficienza e controllo della spesa: Regioni che spendono male o troppo si troveranno molto a disagio di fronte a un esame dettagliat­o dei loro conti e dei loro risultati da parte dei colleghi di altre Regioni. E a maggior ragione così avverrà se gli uffici del Senato si trasformer­anno in organi di inchiesta e valutazion­e di alto livello delle pubbliche amministra­zioni a livello locale, sia di quelle autonome che di quelle dipendenti dai ministeri. Esistono organi che svolgono funzioni analoghe: la Corte dei conti ha rilievo costituzio­nale e già tende a estendere le sue indagini oltre un mero audit giuridico-contabile. Ma la distanza che la separa dai suoi omologhi in altri Paesi civili, soprattutt­o da quelli anglosasso­ni, è molto ampia: per latitudine di obiettivi ( performanc­e audit, più che financial audit), risorse, quantità e varietà di competenze, radicament­o e rilevanza nell’attività parlamenta­re.

Se avessero alle spalle organi tecnici di questa qualità, se gli incentivi a operare efficiente­mente fossero ben disegnati, forse non pochi dei tanto criticati consiglier­i regionali, una volta al Senato, si trasformer­ebbero in mastini dell’efficienza, del risparmio e della qualità dei servizi. Nei confronti di altre Regioni, naturalmen­te.

Cambiament­i La vigilanza prima dipendeva dalle mutevoli condizioni politiche Controlli Chi spende male si troverà a disagio di fronte a un esame collettivo dei conti

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