Appalti, rischio trasparenza sui bandi d’asta
Un emendamento cancella l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani
La prossima settimana il testo del provvedimento andrà in aula alla Camera per il voto. Resterà il «blackout» sui giornali della pubblicità relativa a uno dei temi più delicati in termini di spesa e moralità, cioè gli appalti pubblici?
Mercoledì sera la Commissione Ambiente della Camera, presieduta da Ermete Realacci, ha concluso l’esame degli emendamenti al Ddl Delega Appalti, approvandone uno proposto dal Pd che cancella l’obbligo degli avvisi sui quotidiani relativi a bandi e avvisi di gara. L’emendamento ha modificato la disposizione, aggiunta nell’esame al Senato, con la quale veniva previsto che, per gli avvisi e bandi di gara dei lavori pubblici, la pubblicità non fosse limitata a «strumenti di tipo informatico» (in pratica i siti istituzionali) ma che in ogni caso si dovesse far ricorso anche a «non più di due quotidiani nazionali e non più di due quotidiani locali». Con l’emendamento l’obbligo di pubblicare gli avvisi di gara resta limitato a internet, anche se forse esteso a siti che garantiscono adeguata diffusione.
La ragione non è rintracciabile in obiettivi di spending review: i costi della pubblicità non sono da tempo a carico di enti e società pubbliche, quindi della collettività, ma dell’impresa che vince la gara (si tratta comunque di poche migliaia di euro per i classici “moduli”) Quindi, perché cancellare l’obbligo relativo ai giornali?
E non è del resto la prima volta che si pensa a un simili “sforbiciate”. Il decreto competitività dell’estate 2014 in un primo tempo aveva previsto venisse cancellato per le società quotate in Borsa l’obbligo di pubblicare sulla stampa quotidiana le informazioni regolamentate, fra cui in particolare spiccano i testi dei patti parasociali e le convocazioni di assemblea. Il risparmio per le imprese sarebbe stato comparabile al costo in termini di trasparenza e agli svantaggi informativi per azionisti e risparmiatori? Alla fine la risposta è stata negativa: marcia indietro e l’obbligo è rimasto anche per la stampa.
E ancora, nell’agosto di quest’anno un provvedimento aveva disposto che la pubblicità degli avvisi delle aste giudiziarie non fosse più obbligatoria ma ricondotta alla valutazione del giudice, con il presupposto necessario di un’istanza da parte dei creditori. Poi, aderendo in parte alle proposte degli editori, è stata consentita al giudice la facoltà più «estesa» di disporre comunque la pubblicazione. Dal 2010, infine, la pubblicazione dei bilanci degli enti locali è passata da obbligatoria a facoltativa: un risparmio accolto con favore da diverse amministrazioni. Ma i cittadini ne hanno guadagnato davvero?
L’interrogativo di fondo è in ogni caso se presidi di trasparenza e controllo di legalità possano essere cancellati o affidati a siti istituzionali e comunque al solo web. A parte la diffusione ancora molto disomogenea in Italia della rete, cercare su internet, magari in siti di enti locali molto poco frequentati, avvisi e bandi di gara richiede «competenze» e determinazione ben diverse da quelle sufficienti per la lettura «passiva» sui quotidiani.
Il precedente La pubblicazione di assemblee e patti per le società quotate fu abolita e ripristinata