Confindustria, i salari cresciuti più della produttività
Partiamo da un esempio: una retribuzione lorda di 40.150 euro annui equivale a 20.057 euro in tasca al lavoratore. La busta paga è meno della metà. E anche se negli ultimi tre anni le retribuzioni reali sono aumentate del 4,6%, il dipendente non se ne accorge. L’inflazione non c’entra, è ai minimi. Tutta colpa della crisi e delle tasse che «hanno reso poco percepiti gli aumenti» in busta paga. A sollevare il problema è il centro studi di Confindustria, che ha calcolato che tra il 2000 e il 2014 l’aumento della pressione fiscale e contributiva ha ridotto di
quasi due terzi l’incremento percentuale delle retribuzioni reali. Conclusione: «La questione salariale dipende dall’arretramento del reddito del Paese e non da una penalizzazione del fattore lavoro che anzi è stato avvantaggiato». Confrontando le variazioni della retribuzione netta individuale e del reddito disponibile familiare, entrambe a prezzi costanti, è risultato che a fronte di un aumento del 2,6% della prima, il secondo è diminuito del 20% cumulato dal 2000. Chi invece ha percepito un miglioramento, secondo le analisi della Cgia di Mestre (Associazione degli artigiani e delle piccole imprese), sono i redditi più bassi che hanno visto ridursi il cuneo fiscale. Dal 2007 al 2015 il peso del fisco su una retribuzione lorda di 20.410 euro, che beneficia del bonus degli 80 euro, il cuneo fiscale si è ridotto del 5,2% (1.707 euro in meno), mentre per una retribuzione lorda di 30.463 euro la riduzione è stata dell’1,1% (982 euro).