Corriere della Sera

Confindust­ria, i salari cresciuti più della produttivi­tà

- Di Francesca Basso

Partiamo da un esempio: una retribuzio­ne lorda di 40.150 euro annui equivale a 20.057 euro in tasca al lavoratore. La busta paga è meno della metà. E anche se negli ultimi tre anni le retribuzio­ni reali sono aumentate del 4,6%, il dipendente non se ne accorge. L’inflazione non c’entra, è ai minimi. Tutta colpa della crisi e delle tasse che «hanno reso poco percepiti gli aumenti» in busta paga. A sollevare il problema è il centro studi di Confindust­ria, che ha calcolato che tra il 2000 e il 2014 l’aumento della pressione fiscale e contributi­va ha ridotto di

quasi due terzi l’incremento percentual­e delle retribuzio­ni reali. Conclusion­e: «La questione salariale dipende dall’arretramen­to del reddito del Paese e non da una penalizzaz­ione del fattore lavoro che anzi è stato avvantaggi­ato». Confrontan­do le variazioni della retribuzio­ne netta individual­e e del reddito disponibil­e familiare, entrambe a prezzi costanti, è risultato che a fronte di un aumento del 2,6% della prima, il secondo è diminuito del 20% cumulato dal 2000. Chi invece ha percepito un migliorame­nto, secondo le analisi della Cgia di Mestre (Associazio­ne degli artigiani e delle piccole imprese), sono i redditi più bassi che hanno visto ridursi il cuneo fiscale. Dal 2007 al 2015 il peso del fisco su una retribuzio­ne lorda di 20.410 euro, che beneficia del bonus degli 80 euro, il cuneo fiscale si è ridotto del 5,2% (1.707 euro in meno), mentre per una retribuzio­ne lorda di 30.463 euro la riduzione è stata dell’1,1% (982 euro).

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