Chi deve pagare, che cosa e quanto
oluzioni abitative per anziani “fragili” ma ancora autosufficienti. Promosse dalla Regione Toscana, le stanno sperimentando in alcuni Comuni. In questa sorta di minicondomini possono essere accolte fino a un massimo di 10 persone, inserite grazie alla presa in carico dei servizi sociosanitari territoriali: per ciascuna di loro viene individuato il profilo di bisogno con uno progetto assistenziale personalizzato, definito dall’Unità di valutazione compensativo e/o risarcitorio» di condizioni di svantaggio, anche economico.
«Le sentenze del Tar del Lazio sono immediatamente esecutive su tutto il territorio nazionale e vanno rispettate — ricorda una delle promotrici del ricorso collettivo, Maria Simona Bellini, presidente del Coordinamento nazionale dei familiari di disabili gravi e gravissimi —, però il governo ha presentato appello al Consiglio di Stato, che si esprimerà nel merito della questione il prossimo 3 dicembre, data simbolica, in quanto è la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità». multidisciplinare. Così gli anziani possono condividere un ambiente e uno stile di vita comunitario, ma in autonomia: assenza di barriere architettoniche, sistemi di telesoccorso, telecontrollo e telecompagnia, integrazione e socializzazione con la comunità locale, reperibilità di un operatore 24 ore al giorno. Si possono prevedere altri servizi: pasti, pulizia, assistenza psicologica, ginnastica, disbrigo pratiche. costretti a sottoscrivere una “promessa di pagamento”, al momento del ricovero del congiunto», aggiunge Arnaboldi.
Come comportarsi, allora, in questi casi? «Nel caso siano ricoverati in Rsa ultrasessantacinquenni non autosufficienti o persone con disabilità gravi, i figli e i nipoti non sono tenuti al pagamento delle rette, perché si deve fare riferimento solo ed esclusivamente alla situazione economica del ricoverato — chiarisce l’avvocato Giovanni Franchi, consulente legale di Confconsumatori Parma —. Lo si deduce dalla legge 328/2000 che rimanda alle disposizioni previste da due decreti legislativi (n. 109/1998 e n. 130/2000). In questi casi, quindi, spetta solo all’assistito, se è in grado, pagare la retta e i Comuni non possono rivalersi sui cosiddetti “obbligati per legge”, ovvero i parenti fino al quarto grado (tenuti, invece, a provvedere agli alimenti per il congiunto indigente, ndr) » . Fin qui le norme, ma la realtà è diversa.
Una pretesa ingiustificata
Gli invalidi al 100 per cento Ma c’è anche un altro caso in cui non può essere chiesto alcunché da Rsa e Comuni. «Se l’anziano è invalido al 100%, nulla è dovuto, né da lui, né dai familiari — afferma l’avvocato Franchi —. Lo si deduce da una sentenza del Tribunale di Verona del 2013 sul caso di una signora ultrasessantacinquenne invalida al 100%: secondo i giudici, gli impegni di pagamento fatti sottoscrivere al parente del ricoverato per la retta alberghiera devono ritenersi, in casi come questo, nulli fin dall’inizio, e può essere richiesta al Comune la restituzione di ciò che è stato pagato. Neppure
Gli impegni sottoscritti da parenti per la retta non sanitaria devono ritenersi nulli
l’anziano deve pagare e può chiedere la restituzione di quanto versato».
I malati di Alzheimer Anche i malati di Alzheimer e i loro parenti non devono versare alcuna retta alle Rsa. Lo ha stabilito una sentenza della Cassazione (numero 4558 del 2012) «La Corte — spiega Franchi — ha ribadito che nell’Alzheimer non sono scindibili le attività socio-assistenziali da quelle sanitarie, per cui si tratta “di prestazioni totalmente a carico del Servizio Sanitario».