Diffidare dei «ricoveri» anonimi, perché sfuggono facilmente alle attività di vigilanza delle Asl
Case di riposo abusive, camuffate da normali appartamenti dati in affitto agli stessi ospiti: è l’ultimo escamotage partorito dalla fervida fantasia di persone senza scrupolo per lucrare anche sugli anziani. «I gestori fanno risultare gli anziani come inquilini di un condominio — racconta il maggiore Marco Datti, capo sezione operazioni del Comando carabinieri Nas di Roma — . Poi mettono a disposizione un servizio di pulizia, vitto e assistenza approssimativo. Ma così realizzano di fatto una struttura abusiva, completamente anonima e dunque non soggetta all’attività di vigilanza dei servizi sanitari delle Asl».
I carabinieri del Nucleo antisofisticazioni parlano ormai di un vero e proprio fenomeno e mettono in guardia le famiglie: nell’ultima operazione “Estate tranquilla”, gli uomini dell’Arma hanno trovato 244 strutture irregolari su 889 ispezionate. Quattro sono finite sotto sequestro o addirittura sono state chiuse. Certo, nel 55% dei casi si trattava di irregolarità per inadeguatezze strutturali.
Nell’1-2%, invece, di abbandono, maltrattamenti, medicinali scaduti, abuso della professione medico-sanitaria e, in casi limite, anche lesioni personali, sequestro di persona e omicidio colposo. Le famiglie a volte segnalano e il loro aiuto è prezioso per i Nas. Ma capita anche che non si rendano conto di quanto accade ai propri congiunti ricoverati o che non li seguano correttamente. «Le strutture devono essere chiaramente identificabili e visibili — aggiunge il maggiore Datti — . Spesso si scoprono case di riposo perfettamente anonime, non c’è neppure una targa, nè vengono pubblicizzate, magari ubicate in località sperdute in campagna e questo dovrebbe far scattare nei parenti un campanello d’allarme».
Gli uomini dell’Arma cercano di dare consigli ai parenti dei ricoverati. «Anche se ci fossero orari prestabiliti — dice il maggiore Datti —, suggeriamo di azzardare ogni tanto anche una visita improvvisa o non sempre nella stessa fascia. Meglio poi ispezionare con attenzione il corpo del proprio congiunto per vedere se ha lividi o ecchimosi che possano fare pensare magari a delle cinghie di contenimento, verificare che cosa ha fatto e che cosa ha mangiato». Spesso per scoprire qualche magagna basta annusare l’aria delle stanze. Se c’è un odore forte di sostanze organiche, è più che probabile che l’assistenza sia carente. Quella delle strutture abusive è una piaga aperta da anni: l’indagine presentata dall’associazione Auser nel 2011 — che ripartirà tra breve con la seconda edizione — ha censito addirittura 700 residenze private “fantasma” di cui si conosce poco o nulla, senza contatti con gli enti pubblici, non presenti in nessun elenco, prive di autorizzazione al funzionamento.
«Spesso in queste strutture residenziali sono collocati anziani che dovrebbero essere autosufficienti o parzialmente non autosufficienti — aggiunge il maggiore Datti — . Però gli operatori, pur di trarne profitto, visto che per loro ogni ospite porta una retta mensile in media non inferiore ai 1.800 euro, ospitano anche non autosufficienti che avrebbero bisogno di un’assistenza particolare, per lo più sanitaria e non sociale. Invece non si fa così e magari si ricorre a mezzi di contenzione nei confronti degli ospiti che vengono abbandonati a se stessi sui letti, carrozzine o divani». Casi limite, eccezioni rispetto ad un panorama generale di legalità, assicurano i carabinieri dei Nas, che invitano a rivolgersi al 112 quando si sospetta qualcosa di anomalo.
Nell’operazione «Estate tranquilla», i carabinieri hanno trovato 244 situazioni irregolari su 889 sottoposte a verifica