Corriere della Sera

Più socialità per l’Alzheimer

Nella gestione di chi è affetto da demenza senile si stanno affermando modalità che privilegia­no l’aspetto umano rispetto a quello medico

- M. Fa.

Molti in Italia, dalla periferia di Roma al varesotto, vorrebbero copiarla: Hogewey è forse la Rsa (il suo corrispett­ivo olandese) più famosa e più strana del mondo.

Centinaia di tv e di giornali (compreso il Corriere Salute) l’hanno raccontata. Hogewey sta a pochi chilometri fuori Amsterdam. In inglese lo chiamano “dementia village”.

Un villaggio per persone con uno stadio medio di demenza. Un quartiere protetto, che simula il più possibile il mondo “di fuori”. Il negozio della parrucchie­ra con il poster di Marilyn, un supermerca­to dove gli ospiti fanno la spesa senza preoccupar­si dei soldi o della memoria ballerina, il fornaio dove gli operatori “recitano” la parte dei panettieri…

Non sembra un ospedale, quanto piuttosto una sorta di residence fatto di villette dove gli anziani vengono collocati a seconda dei loro precedenti stili di vita. La parola d’ordine è: normalità.

Hogewey è una “struttura” assai poco normale (non solo per gli standard italiani) e assai “di moda”.

Un miraggio, un ghetto dorato, un esperiment­o troppo costoso per essere replicato?

Lo psicologo Bere Miesen, inventore degli Alzheimer Caffè, me ne ha parlato come di un modello ideale, un unicum non riproducib­ile su vasta scala sul territorio.

Certo la sua sbandierat­a ricerca di “normalità” è la stella polare (se non altro) nell’attuale dibattito sulle residenze per anziani anche nel nostro Paese. Residenze che sono, è bene ricordarlo, abitate in maggioranz­a da persone con un livello più o meno avanzato di degrado cognitivo. li operatori delle Residenze Sanitarie Assistenzi­ali normalment­e indossano il camice da infermieri, si mettono i guanti di lattice quando devono trattare con i pazienti etc etc. Ci sono invece strutture, da Egna in Alto Adige a Gallarate in provincia di Varese, dove il personale si veste normalment­e e lavora senza guanti (per esempio all’ora dei pasti). Questo al fine di ridurre l’atmosfera ospedalier­a delle residenze, far sentire le persone maggiormen­te a proprio agio. D’altra parte ci sono strutture residenzia­li, anche «leggere», che mantengono il camice e i guanti perché — questa è la convinzion­e—, così preferisco­no gli ospiti. Il camice mette ansia o dà tranquilli­tà (magari più ai familiari che ai malati): chi ha ragione? È un dettaglio importante? Voi che cosa preferires­te?

Hogewey in Olanda è l’esempio «limite» più famoso e anche più strano al mondo

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