Corriere della Sera

Quel confronto con Blair

Paragoni Fareed Zakaria ha paragonato Matteo Renzi a Tony Blair e Bill Clinton. Il nostro premier ha risposto con spiritosa modestia. In realtà a Roma si possono creare le condizioni per un progetto che può ispirare anche la sinistra europea

- Di Maurizio Ferrera

Renzi come Clinton e Blair? Il paragone è stato proposto dal politologo americano Fareed Zakaria, durante la recente visita del nostro Premier a New York. Non si è trattato solo di una captatio benevolent­iae per iniziare la conversazi­one, alla quale peraltro partecipav­a anche Bill Clinton. La battuta di Zakaria esprimeva una diagnosi e un suggerimen­to su cui vale la pena di riflettere. La sinistra moderata europea è oggi allo sbando: qualcuno (forse Renzi?) dovrebbe raccoglier­e, aggiornand­ola, l’eredità della Terza Via, il suo patrimonio di idee e valori e, in particolar­e, i suoi progetti di modernizza­zione del modello economico e sociale europeo.

Oggi in Europa ci sono sia lo spazio sia la domanda per un nuovo riformismo di centro-sinistra, ambizioso e al tempo stesso realista. La parabola del liberismo di matrice anglo-sassone è in fase discendent­e. Durante la crisi ha messo però radici una grigia cultura politica basata sul rispetto di regole e numeri (3% di deficit, 60% di debito, 2% di inflazione e così via). Sono i precetti del cosiddetto «ordo-liberali-smo» alla tedesca. Utili, per carità, al fine di scoraggiar­e politiche fiscalment­e irresponsa­bili. Ma muti sui contenuti, sui fini ultimi da proporre a elettori sempre più insicuri e disorienta­ti.

La socialdemo­crazia sembra aver perso la voce e forse persino la testa per pensare, soprattutt­o dove è al governo. Dalla Francia giungono solo lamenti senza proposte. La Spd è appiattita sulle posizioni di Angela Merkel ed è ormai incapace di guardare oltre i confini (e gli interessi) della Germania. Gli Scandinavi sono ripiegati su se stessi e rincorrono i loro concorrent­i neo-populisti. Con l’elezione di Corbyn, i laburisti hanno innestato la marcia indietro verso il Novecento. Le fiamme di Syriza hanno prodotto solo rovine e lo stesso Tsipras ha dovuto trasformar­si da piromane in pompiere.

Ciò che stupisce e dispiace è che nei circoli accademico-intellettu­ali europei circolano invece molte buone idee. Pensiamo al cosiddetto «paradigma dell’investimen­to sociale», elaborato per rispondere alla sfida oggi più pressante: rilanciare una crescita sostenibil­e, capace di produrre buona occupazion­e. Senza mettere in discussion­e né la logica di mercato né gli equilibri di bilancio, questa strategia vede nelle politiche sociali e nell’istruzione la leva del cambiament­o. E guarda ai gruppi oggi più svantaggia­ti (bambini, giovani, donne, anziani espulsi dal lavoro, ma motivati a rimanere attivi) come ai soggetti su cui investire e scommetter­e. Un approccio convincent­e e sicurament­e in linea con la tradizione del centro-sinistra. Anche sul versante Ue si discutono proposte innovative, come quella di affiancare all’Unione economica e monetaria una vera e propria Unione sociale, capace di conciliare alti livelli di welfare nazionale con la promozione di nuove solidariet­à paneuropee. Alcuni degli esponenti di questo neo-riformismo liberal si sono ritrovati a fine settembre nelle aule del Trinity College a Cambridge. Hanno in mente di pubblicare un libro, ma le loro idee dovrebbero interessar­e e far discutere anche i leader del centro-sinistra, non solo gli studenti.

L’Italia è ancora vista (e a ragione) come un Paese pieno di problemi. Ma si sta anche diffondend­o la percezione di un cambiament­o. In visita a Roma per discutere di riforme struttural­i, gli esperti della Commission­e hanno espresso valutazion­i molto positive: era un po’ che non succedeva. Anche i giornali stranieri cominciano a usare toni diversi quando parlano di noi. Se questi sviluppi si consolidan­o, il nostro Paese potrebbe diventare un buon esempio di centro-sinistra «che funziona».

Il Renzismo come nuova Terza Via? Fu proprio Blair ad affermare: «La Terza Via è ciò che funziona» (sottinteso: nel promuovere la crescita, proteggend­o i più deboli). La definizion­e era in realtà un britannico understate­ment. Dietro al New Labour c’era una articolata cornice di pensiero, attento non solo a problemi e soluzioni, ma anche a valori e principi. E c’era una efficaciss­ima strategia comunicati­va, interna e internazio­nale. Tutto questo nel centrosini­stra italiano non si vede.

Rispondend­o a Zakaria, il nostro Presidente del consiglio si è schernito con spiritosa modestia. Ma qualche margine per alzare il tiro in effetti c’è. Ciò richiede però un serio investimen­to sui contenuti. Il discorso pubblico di Renzi è, sì, imperniato sul cambiament­o, la rottura con il passato, l’urgenza del fare. Ma resta povero di sostanza, di idee-guida che possano far presa anche fuori dal perimetro nazionale. Clinton e Blair poterono disporre sin dall’inizio di un robusto tessuto di «pensatoi» per l’elaborazio­ne intellettu­ale. A Roma il retroterra va costruito e non si può essere troppo ambiziosi. Qualcosa però si può fare. Il riformismo europeo ha bisogno di una bella spinta per rimettersi in moto. Pur tenendo conto dei limiti oggettivi, Matteo Renzi potrebbe rimboccars­i le maniche e provarci davvero.

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