Canzoni e battute, Verdini show in tv «La maggioranza al Senato non c’è»
«Giustizia, appoggerò la legge». Poi prende in giro la sinistra sulle note di Modugno
Indossa l’abito più istituzionale che può e si presenta con grande tranquillità e quasi con basso profilo Denis Verdini nel salotto di Maria Latella, per l’Intervista su Sky in cui spiega la posizione del suo gruppo, si difende dalle accuse, rivendica il suo ruolo di fatto essenziale nel processo delle riforme, e forse non solo in quello.
Ma è alla fine, quando la giornalista gli chiede se è vero che con il suo «amico» Lotti al telefono si diverte a cantare «Grande grande grande» che Verdini - dopo aver provato a sottrarsi («Non voglio rubare il ruolo a Berlusconi») - si lascia andare e intona, sulle note della «Lontananza», una strofa che in fondo fotografa l’attuale momento politico: «La maggioranza sai è come il vento, che rischia di finire in Migliavacca... Quando Gotor si sveglia e si inc...».
Voce baritonale, sorriso soddisfatto, Verdini centra il punto: se è diventato l’uomo del momento, quello decisivo per le riforme e assieme lo spauracchio della minoranza Pd e la calamita per gli scontenti del centrodestra, è proprio perché in un partito diviso come il Pd la sua sponda, il suo apporto, possono condizionare la vita e l’agire del governo.
Lui si schermisce, giura che mai entrerà nel Pd, sfrutta al meglio l’assist di Renzi: «Io mostro di Lochness? L’hanno cercato e non l’hanno mai trovato, quel mostro non esiste e dunque io non sono un mostro». Bacchetta piano piano Barani — oggi si riprende a votare in Senato sulle riforme e si riunisce l’Ufficio di Presidenza per decidere il da farsi sul senatore accusato di gestacci osceni —: «Se ha sbagliato è grave e ci saranno provvedimenti, ma il presidente del Senato dovrebbe porre attenzione al livello generale in cui è precipitato il dibattito e il tono a palazzo Madama...». Parla al passato di Berlusconi che «non sarà mai solo perché è una rockstar, ha tanti tifosi, è lucido e decide lui da solo: non ci sentiamo più, non eravamo d’accordo » . E spiega, come ammette di dire anche ai suoi ex colleghi azzurri, che il suo obiettivo è semplice e chiaro: approvare riforme che «abbiamo sempre votato» e lavorare per costruire un «centro moderato» perché oggi con l’egemonia a destra di Salvini ci sarà bisogno di un polo che poi sceglierà se stare a destra o a sinistra.
Ma il cuore del messaggio di Verdini è tra il detto e non detto. Il suo gruppo indispensabile per un governo senza maggioranza? «Al di là dello sbraitare, dei numeri, la maggioran- za al Senato non c’è per gli esiti delle scorse elezioni: il Pd ha 113 senatori, e per governare ne servono 170-175...». Dunque, eccome se servirà il suo partito. E Verdini offre la sua collaborazione: «Vogliamo completare le riforme del fisco e della giustizia, e non perché ho dei processi a carico, visto che quelli peggiori non sono nelle aule di giustizia ma sono mediatici».
Annuncio che comunque mette già in allarme la sinistra Pd: «Le interviste di Renzi e di Verdini, con i reciproci apprezzamenti e l’impegno a proseguire la collaborazione anche su fisco e giustizia, confermano che siamo alla demolizione anche simbolica dell’eredità dell’Ulivo e del centrosinistra».
Cerca di tranquillizzare i colleghi Enrico Costa, viceministro della Giustizia di Ncd: «Verdini potrà anche votarla in Parlamento se vuole, ma i contorni della riforma sono già in grande parte definiti all’interno della maggioranza, e su questa base si andrà avanti. L’accordo sulla giustizia passerà sicuramente attraverso un’intesa di maggioranza, che è sempre la stessa e si è compattata e omogeneizzata, raggiungendo risultati importanti».
Il paragone «Io mostro di Lochness? Quel mostro non esiste dunque io non sono un mostro»