Corriere della Sera

Il fronte dell’austerity vince in Portogallo «Avanti con le riforme»

Il premier Coelho a un passo dalla maggioranz­a assoluta Sconfitti i socialisti, duello a sinistra fra Pc e amici di Syriza

- Sara Gandolfi

Dopo aver vinto lo spettro della bancarotta, il governo di centro-destra del Portogallo vince anche la sfida delle urne. Secondo le proiezioni, con l’89,6% dei voti scrutinati, la coalizione Portugal a Frente del premier uscente Pedro Passos Coelho (Partito socialdemo­cratico e CDS) ha vinto le legislativ­e, a un passo dall’agognata maggioranz­a assoluta in Parlamento. Un successo impensabil­e, fino a pochi mesi fa. Otterrebbe il 38,6% dei voti contro il 31,9% del Partito socialista all’opposizion­e, guidato dall’ex sindaco di Lisbona António Costa. Dietro ai due grandi partiti tradiziona­li, il Bloco de Esquerda, sostenuto dagli spagnoli di Podemos e dai greci di Syriza, ottiene il 9,4% e supera a sorpresa la coalizione di comunisti e verdi (7,6%), ma non sfonda. Da record l’astensioni­smo: 44,55%.

Ieri 9,6 milioni di elettori erano chiamati a rinnovare i 230 deputati del Parlamento. Se i risultati finali confermera­nno le proiezioni, la coalizione del premier Coelho non riesce però a conquistar­e la soglia dei 116 seggi, ovvero la maggioranz­a assoluta, sconfiggen­do lo spettro dell’ingovernab­ilità. L’esito più probabile sarebbe quindi la formazione di un governo minoritari­o che costringer­à Coelho, 51 anni, a stringere nuove e forse fragili intese in Parlamento.

È stata una battaglia giocata tutta sui numeri dell’economia. Il governo di Coelho, insidiatos­i nel 2011, il primo a concludere il mandato dalla fine della quarantenn­ale dittatura, nel 1974, ha messo sul tavolo il sudato successo delle sue politiche d’austerità e tagli alla spesa pubblica. Gli ultimi anni di lacrime e rigore hanno lasciato in eredità un 20% della popolazion­e attiva condannata al salario minimo (505 euro al mese) ma hanno anche allontanat­o il rischio-bancarotta in cui era piombato il Paese durante la Grande crisi europea. «Questo governo ha dimostrato di poter rimettere sul binario giusto il Paese, non credo che i portoghesi voteranno la lista dei desideri o delle promesse», ha ripetuto come un mantra il ministro dell’Economia Pires de Lima, del partito CDS.

Il socialista Costa, dal canto suo, non ha mai messo in discussion­e la riduzione del debito pubblico né l’appartenen­za del Portogallo all’eurozona — a differenza del Partito comunista e del Bloco de Esquerda, il che ha escluso in partenza un governo di coalizione a sinistra — ma ha ribadito il suo «no» a un’alleanza struttural­e con il centro-destra.

Un anno e mezzo è trascorso dalla fine del programma d’emergenza varato dopo il «bailout» del 2011 per volere della trojka (Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazio­nale) che ha fatto lievitare tasse, disoccupaz­ione e recessione. E finalmente, il peggio sembra ormai alle spalle. L’economia è tornata a crescere, più della media europea — +1,5% nel primo semestre dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2014 — l’occupazion­e è in ripresa e le obbligazio­ni di Stato non sono più i paria dei mercati internazio­nali (i bond a 10 anni hanno oggi un tasso del 2,3% contro il 18% di tre anni fa).

I dati macroecono­mici con segno positivo sono controbila­nciati da un debito ancora molto ingombrant­e — secondo solo a quello di Grecia e Italia — che s’aggira intorno al 128% del Pil. E devono necessaria­mente fare i conti con una popolazion­e che è stanca di tirare la cinghia, dopo il taglio di salari e pensioni, con un’Iva al 23% anche su beni essenziali come i farmaci o il popolariss­imo pane e chorizo. Un dato dà il segno del cansanço, della stanchezza, crescente e della voglia di migliori opportunit­à di vita: negli ultimi quattro anni il 5% della popolazion­e è emigrata, 200.000 negli ultimi due anni. Soprattutt­o giovani.

Eppure qui i «partiti nuovi», che nella vicina Spagna hanno rivoluzion­ato l’arena politica, sembrano destinati a non sfondare e a restare marginali rispetto ai due partiti che si alternano al potere dal 1981: socialdemo­cratici di centro-destra e socialisti di sinistra. Il Bloco de Esquerda, «fratello» di Podemos e Syriza, è riuscito a intaccare lo zoccolo duro dell’unico Partito comunista ancora solido in Europa, ma non ha attirato il voto dei tanti «disillusi» che hanno disertato ancora una volta le urne.

 ??  ?? Il premier Pedro Passos Coelho, leader del Psd di centro-destra al seggio elettorale. Ieri ha invitato i portoghesi ad andare alle urne. Ma il tasso di astensioni­smo è da record, intorno al 45%
Il premier Pedro Passos Coelho, leader del Psd di centro-destra al seggio elettorale. Ieri ha invitato i portoghesi ad andare alle urne. Ma il tasso di astensioni­smo è da record, intorno al 45%

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