GLI SVANTAGGIATI DELLA BANDA LARGA
Le continue emergenze che il governo di Matteo Renzi si trova a gestire su temi non certo procrastinabili come la crisi dei migranti, il bilancio pubblico, il dibattito sul Senato o il futuro dell’euro rischiano di soffocare delle scelte altrettanto importanti ma che, in Italia, si sono dimostrate politicamente infelici, come portare la banda ultra-larga fissa in tutto il Paese.
Il tema compare e scompare dall’agenda dell’esecutivo e fatica a conquistare una centralità nel dibattito sulla crescita economica e sull’occupazione che in altri Paesi è considerata scontata. Ora è riemerso nella legge di Stabilità, senza la forza di un decreto ad hoc e con un chiaro effetto diluitivo in tema di investimenti rispetto a quanto annunciato solo pochi mesi fa.
In questi giorni la società di rilevazione Akamai, usata anche dall’autorità Agcom per valutare lo stato di salute della rete Internet, ha sottolineato come in termini di adozione di banda ultra-larga l’Italia, la Turchia e il Sudafrica siano gli unici Paesi dell’area Europa-Africa a non registrare tassi di crescita sopra il 10%. La situazione è nota: siamo pigramente connessi, veloci nelle promesse ma lenti nel rispettarle.
In realtà sarebbe un grave errore non accorgersi che molte cose stanno accadendo nel cantiere della navigazione veloce e non solo perché i nuovi vertici della Cassa depositi e prestiti hanno messo il dossier in cima alla lista delle cose da fare sul proprio tavolo: il governo prima dell’estate aveva diviso il territorio in 4 fasce (A, B,C e D) per deliberare gli investimenti necessari a raggiungere gli obiettivi che tutta l’Europa deve toccare entro il 2020. Nella prima fascia, quella a cosiddetto successo di mercato che comprende le principali città come Milano, Roma e Napoli, bisogna riconoscere che, nonostante l’annoso clima da «condominio litigioso», gli operatori telefonici stanno effettivamente inves te nd o . Dopo anni di incertezze e di malintesi in cui si era arrivati a teorizzare che la domanda dovesse anticipare l’offerta le cose si stanno muovendo e la lezione di Henry Ford è stata appresa (famoso il suo: se avessi dovuto dare retta ai consumatori avrei dovuto produrre carrozze nuove invece che automobili). Telecom Italia ha alzato la palla promettendo la fibra ottica fino agli appartamenti in 100
città. Vodafone non vuole certo essere da meno e ha annunciato il proprio piano con Metroweb, la società partecipata dalla Cdp.
La strada da percorrere è lunga ma è possibile anticipare che l’Italia ricca — non a caso definita di serie A — avrà un Internet all’altezza dei migliori standard europei. Contro i pronostici anche le zone più svantaggiate dovrebbero migliorare notevolmente la propria posizione in classifica. Dopo il fallimento del decreto sulla banda larga, ritirato a un passo dal Consiglio dei ministri prima dell’estate, Renzi ha liberato le risorse per le aree Ce D: si tratta dei 2,2 miliardi deliberati dal Cipe. È atteso a breve l’avvio delle procedure di gara e, anche se non mancano le polemiche su una presunta posizione di vantaggio di Telecom nel vincerle per questioni tecniche legate al cosiddetto «bitstream», il risultato non cambierà per l’utente che vedrà la propria velocità di navigazione migliorare.
Al consumatore interessa avere l’infrastruttura, non da chi arriva. Così la Rete non dovrebbe dare vita a una seconda «questione meridionale» di natura digitale. Se le premesse non resteranno soltanto promesse i futuri dati dovrebbero segnalare l’improvvisa vitalità dell’Italia nelle classifiche europee. Ma, ed è qui il paradosso, tra il mercato che si occupa del Nord ricco e lo Stato che si preoccupa giustamente delle aree più povere rimane tutta un’Italia di mezzo (zona B) che rischia seriamente di rimanere a banda stretta. La banda larga potrebbe arrivare presto a Eboli ma senza fermarsi a Sondrio.