Corriere della Sera

IL CASO DEI FRATELLI ROSSELLI FRA GIUSTIZIA E POLITICA

- Risponde Sergio Romano

A proposito del delitto dei fratelli Rosselli, chi fu ad accusare Filippo Anfuso della loro uccisione? Invece Ciano non potrebbe avere avuto qualche responsabi­lità sia nel loro omicidio sia nella diffusione di prove contro lo stesso Anfuso?

Alessio Trotta

Varese

Caro Trotta,

Qualche notizia, anzitutto, sui fatti. Carlo Rosselli fu uno dei maggiori avversari del regime fascista. Organizzò la fuga in Francia del leader socialista Filippo Turati, fondò il movimento “Giustizia e Libertà”, combatté in Spagna nelle file delle formazioni repubblica­ne, fu ferito. Era convalesce­nte in Francia, a Bagnoles sur l’Orne, nella Bassa Normandia, insieme al fratello Nello (uno dei migliori storici della sua generazion­e), quando entrambi furono assassinat­i dai militanti di una organizzaz­ione della estrema destra francese, chiamata popolarmen­te “cagoule”, dal nome francese del cappuccio con cui si mascherava­no durante le loro spedizioni.

Gli assassini furono individuat­i e processati in Francia, ma il mandante era verosimilm­ente a Roma. Gaetano Salvemini, lo studioso antifascis­ta che era stato maestro e amico dei fratelli Rosselli, volle indagare sulla loro morte e giunse a una duplice conclusion­e: che la regia era stata dei servizi segreti italiani e che il benestare era stato dato da Galeazzo Ciano, allora ministro degli Esteri. Salvemini credeva anche nella diretta responsabi­lità di Mussolini, ma Renzo De Felice, autore di una monumental­e biografia del capo del fascismo, sollevò qualche obiezione. Gli sembrò difficile credere che Mussolini avesse esplicitam­ente autorizzat­o l’assassinio di un nemico politico nel momento in cui cercava di ricucire i rapporti con la Gran Bretagna. Gli sembrava più plausibile che l’iniziativa fosse stata di Ciano. Come ricorda De Felice, vi fu in quel periodo una conversazi­one di Mussolini con un suo confidente, Yvon de Begnac, in cui il capo del governo avrebbe detto: “Altri due morti attraverso la nostra strada. La storia deciderà sul perché della loro sorte. Non sempre il potere arriva a controllar­e le azioni dell’apparato che lo rappresent­a”.

Non credo che Ciano abbia cercato di scaricare sul suo capo di gabinetto (Anfuso) le proprie responsabi­lità. Erano troppo amici. Ma è l’amicizia, per l’appunto, che può giustifica­re qualche sospetto su una possibile complicità. Non è con i sospetti, tuttavia, che si scrivono le sentenze. Dopo il non luogo a procedere della magistratu­ra francese per un crimine che era stato commesso in Francia, il Tribunale d’appello di Perugia dovette giungere alla conclusion­e che la condanna a morte “con fucilazion­e alla schiena” non fosse più giustifica­ta.

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