Le discriminazioni? Più d’età che di genere
Il «Workmonitor» di Randstad
Qual è l’atteggiamento sul luogo del lavoro da parte degli italiani nei confronti dei propri colleghi? Da una parte nel nostro Paese cresce l’apertura alla diversità sul luogo di lavoro, dall’altra un dipendente su quattro si sente discriminato per genere o età e uno su cinque per orientamento sessuale. Lo rileva il Workmonitor, indagine trimestrale realizzata in 33 Paesi del mondo da Randstad, che si è focalizzata sul tema della discriminazione nei luoghi di lavoro.
Vediamo i dati più significativi. Premettendo che l’87% dei lavoratori italiani apprezza la diversità nel luogo di lavoro e il 72% riscontra nella sua azienda una cultura aperta e inclusiva, che accetta le differenze di età, di genere, di religione, etnia e orientamento sessuale (anche se il dato resta inferiore rispetto alla media mondiale 77% e a quella del Nord Europa dell’81%), emerge comunque che il 27% dei dipendenti denuncia di essere stato oggetto di discriminazione generazionale sul lavoro, il 26% di genere, il 19% per il suo orientamento sessuale, il 18% per l’appartenenza etnica e il 17% per quella religiosa. Nei giudizi degli italiani non mancano comunque i risultati contraddittori: per il 77% l’orientamento sessuale non costituisce un problema per il proprio datore di lavoro (in linea con la media globale, ma in Europa si raggiunge l’80%). Eppure, il 69% ritiene che trovare lavoro oggi sia più difficile per un transessuale (più della media globale, 66%).
In conclusione, la discriminazione sul lavoro è ancora una realtà in Italia, come nel resto del mondo. «La fotografia scattata dal Workmonitor sulla discriminazione nei luoghi di lavoro ci restituisce, secondo il punto di vista dei lavoratori italiani, la prospettiva di una cultura generalmente aperta ed inclusiva — afferma Valentina Sangiorgi, direttore risorse umane di Randstad Italia —. Una buona notizia per il business, poiché molti studi hanno dimostrato come team diversificati producano migliori prestazioni e maggior coinvolgimento dei dipendenti. Ma la nostra indagine avverte anche sul fatto che, in Italia come in tutto il mondo, una cultura improntata all’inclusione non è sufficiente a metterci al riparo da esperienza di discriminazione. Le organizzazioni devono impegnarsi per superare ogni forma discriminatoria, con il coinvolgimento di tutti i livelli aziendali».
IreConsigliere