«Ho sentito la mia ragazza e sono andato al Palasport Ma non ho ucciso Trifone»
PORDENONE Ore 19.15, telefonata con la fidanzata che vive a Somma Vesuviana. È l’appuntamento di tutte le sere ma quella del 17 marzo scorso sarà la serata più nera. Il caporale dell’esercito Giosuè Ruotolo, continuando a proclamarsi innocente, l’ha raccontata ieri nei dettagli agli inquirenti di Pordenone che lo accusano di aver ucciso di lì a mezz’ora il collega Trifone Ragone e Teresa Costanza, davanti al palasport della città friulana.
In quella mezz’ora c’è tutto il giallo del duplice delitto. Giosuè scandisce così i tempi: messo giù il cellulare e lasciato a casa, avrebbe preso la borsa sportiva intenzionato a fare palestra e con la sua Audi A3 sarebbe dunque andato al palasport, dove c’erano ancora Trifone e Teresa; avrebbe cercato invano un parcheggio sicuro senza trovarlo decidendo di cambiare programma. Non più palestra ma jogging lì vicino. Giusto cinque minuti di corsa perché faceva troppo freddo, poi il rientro a casa a giocare alla playstation. Quindi, saputo del delitto, si sarebbe precipitato con gli altri due coinquilini e commilitoni sul luogo della tragedia.
Così l’ha spiegata ieri nel corso delle quasi sette ore d’interrogatorio davanti agli inquirenti che continuano a indagarlo senza prendere nei suoi confronti alcun provvedimento restrittivo. Va precisata una cosa: questa versione dei fatti, che smentisce la prima, nella quale Giosuè aveva detto di essere rimasto a casa quella sera, era già stata da lui abbozzata in settembre. Allora era appena stato iscritto nel registro degli indagati ma già conosceva gli indizi raccolti contro di lui dalla procura, in particolare gli spostamenti dell’auto e il «buco» di sette minuti fra un passaggio e l’altro sotto le telecamere, giustificato dai pm con una sosta al laghetto, dove si sarebbe liberato della pistola. «Buco» che lui riempie con il jogging. «La prima volta ho mentito per paura delle conseguenze sul mio lavoro», aveva detto allora e ha ribadito ieri, precisando che non c’erano contrasti con Trifone e Teresa. «Dichiarazioni tutte da verificare, Ruotolo resta comunque in libertà», ha precisato ieri il procuratore di Pordenone Marco Martani. «Non so chi possa averli uccisi», ha aggiunto l’indagato. «Neppure noi abbiamo alternative», gli fanno eco gli inquirenti.