Corriere della Sera

Femminicid­i Ci stiamo rassegnand­o?

- Di Barbara Stefanelli

Una donna di 20 anni, una figlia di quattro, una denuncia per stalking datata 3 ottobre 2013 contro l’ex partner e padre della bambina ( foto sopra). Ieri notte, poche ore prima dell’udienza preliminar­e davanti al giudice, il corpo torturato della ragazza era lì: sui sedili dell’Audi di quello che era stato il compagno di poco tempo e poi il costante persecutor­e.

Sul corpo di Giordana segni di coltellate, profonde, dalla gola alla pancia. E che cosa dicono di lui adesso? Che «le voleva bene», che «cercava di tornare con lei», che «era geloso, ma non violento». È vero: una volta era entrato in casa di lei irrompendo dalla finestra. Ma chi l’avrebbe mai detto? Nessuno, tra amici e parenti. Lo hanno preso alla stazione di Milano — Luca Priolo, 24 anni — era diretto a Lugano: ci era arrivato con l’auto della mamma, quasi ce la faceva...

Forse dobbiamo rassegnarc­i. Lo dicono le statistich­e: ogni 3 giorni un uomo ammazza una donna che desidera un’altra vita, che sfugge al possesso, a leggi non più scritte e tuttavia scavate nella pietra sulla quale abbiamo costruito le nostre città, le nostre case. C’è un blocco che resiste, sopra e sotto traccia: è la pretesa di disporre della vita delle donne. In questo caso lei, a 18 anni, aveva fatto la cosa giusta: era andata a denunciarl­o. Le donne —lo dice l’ultimo rapporto Istat — dimostrano «maggiore capacità di uscire dalle relazioni violente», hanno «maggiore consapevol­ezza», «riconoscon­o la violenza subita come reato». Sono, tutti, «importanti segnali di migliorame­nto».

E dunque? Se le cose cambiano, ma ogni tanto qualcuna ancora muore, forse dobbiamo aspettare che cambino di più. Lentamente, succederà. Peccato che nello stesso rapporto, l’estensore noti come «non appaia intaccato lo zoccolo duro della violenza». Anzi: come sia in aumento il numero di donne che «sono state ferite» e «hanno temuto per la propria vita».

E allora ci sono due parole che vogliamo imbracciar­e: protezione ed educazione. Protezione vera, non residuale, da parte di magistrati e forze dell’ordine: perché nel 70 % dei casi gli omicidi «sono stati preceduti da violenze ripetute». Ed educazione: perché dobbiamo sollevare pietre, montagne. Dalle famiglie alle scuole, fino ai media, dobbiamo combattere per l’equità profonda e radicale tra i sessi, tra le persone.

Il primo passo potrebbe essere il divieto di accostare la parola « emergenza » alla parola « femminicid­io » . Non è un’emergenza, come una stagione di cattivo tempo: la violenza sulle donne abita tra noi.

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