Corriere della Sera

L’OCCASIONE PERDUTA DELL’EUROPA

- Di Maurizio Ferrera

Ieri a Strasburgo si sono incontrate, e in parte scontrate, due diverse Europe: quella delle istituzion­i sovranazio­nali (il padrone di casa era il Parlamento) e quella degli Stati membri. Hollande e Merkel hanno parlato di questioni che riguardano tutti, avendo però in mente le priorità e gli interessi dei loro due Paesi. Il presidente francese si è concentrat­o sul tema della sicurezza e sulla minaccia dell’Isis, rivendican­do il ruolo chiave della Francia e auspicando maggiore sostegno e aiuti da parte degli altri governi. La Cancellier­a si è soffermata in particolar­e sul tema dei rifugiati, sottolinea­ndo le iniziative tedesche e la necessità di maggiore condivisio­ne degli oneri fra Paesi. Merkel non ha quasi mai nominato l’Unione (anche se ha riconosciu­to che occorre rimediare agli «errori concettual­i» dell’euro). Hollande ha fatto qualche cenno in più, arrivando ad evocare la «federazion­e di Stati» come obiettivo strategico. Ma ha subito aggiunto che non si dovrà mettere in discussion­e la sovranità nazionale.

Chi si aspettava dal famoso motore francotede­sco una proposta forte sull’Unione politica e la riforma dell’euro è rimasto deluso. Nei due discorsi è più volte affiorato il desiderio di consolidar­e la formula «2 più 26»: l’iniziativa e l’intesa fra Berlino e Parigi come precondizi­one per le decisioni comuni. E dunque una preferenza per il cosiddetto metodo intergover­nativo, incentrato sul Consiglio, che ha preso sempre più piede durante gli ultimi anni.

Il dibattito con i membri del Parlamento è stato molto acceso e ha fatto emergere due pericolosi conflitti, i quali rischiano non solo di provocare lo stallo delle riforme, ma di minare le basi stesse della costruzion­e europea. Il primo contrappon­e la sfera interna della Ue (le istituzion­i e le politiche «comuni») e quella esterna, in cui si confrontan­o gli interessi dei governi nazionali e le loro perduranti «ragioni di Stato». Il secondo conflitto riguarda il ruolo del direttorio francotede­sco, da molti peraltro considerat­o come un paravento per il predominio della Germania.

Non è certo la prima volta che il processo d’integrazio­ne s’inceppa per poi ripartire. Oggi siamo però di fronte ad una grave crisi di legittimit­à. Quote molto significat­ive di elettori e importanti segmenti di élite si interrogan­o sempre più seriamente sulla validità delle decisioni di Bruxelles e sulla disparità di influenza fra la Germania e gli altri. I conflitti sono il sale della politica, ciò che la induce a «prevenire l’ineluttabi­le, riuscire nell’improbabil­e, realizzare le speranze dei cittadini» (secondo una bella frase di Mitterrand). Ma se la legittimit­à precipita sotto soglie di sicurezza, i conflitti diventano molto difficili da ricomporre, la politica distrugge invece di costruire.

Bombardati dalle accuse, i due leader hanno reagito in modo diverso. Hollande ha fatto il leone ferito, ribadendo che il ruolo guida del proprio Paese in Europa è un’eredità della storia del Novecento. Nigel Farage ha esagerato dicendo che la Francia è ormai diventata una «mezza calzetta». Ma è innegabile che Parigi da sola non sia più in grado di controbila­nciare Berlino (un fatto che apre oggettivi spazi di manovra all’Italia). Angela Merkel ha ascoltato il dibattito con un volto impassibil­e e alla fine ha dato solo qualche risposta imbarazzat­a. Forse si è accorta che la Germania sta diventando il problema politico per l’Europa. Speriamo abbia capito che spetta proprio a lei trovare la soluzione.

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