Corriere della Sera

Le scuse di Obama e la trasparenz­a che manca sul caso di Kunduz

- Di Massimo Gaggi

Le scuse di Obama per le bombe americane che hanno colpito un ospedale a Kunduz, provocando 22 vittime, e la telefonata alla presidente di Medici Senza Frontiere sono un gesto importante, un prendersi la responsabi­lità senza nasconders­i dietro la barriera ipocrita della diplomazia. Ma non basta. Troppe le versioni sulla dinamica del massacro. Tante da giustifica­re il sospetto di una situazione fuori controllo. Così come il rifiuto alla richiesta di Msf di un’inchiesta internazio­nale indipenden­te. Obama promette trasparenz­a, ma servirebbe uno sforzo in più.

Barack Obama ieri ha chiamato la presidente di Medici Senza Frontiere, Joanne Liu, e il leader afghano, Ghani, scusandosi per il grave errore commesso dai militari Usa che nella battaglia di Kunduz hanno colpito un ospedale facendo 22 vittime. Un gesto importante, col presidente che si espone in prima persona anche quando gli Stati Uniti finiscono sul banco degli imputati (lo aveva fatto anche per Lo Porto e un altro ostaggio uccisi da un drone) e che dà sostanza all’impegno americano a lavorare per evitare il ripetersi di simili tragedie. Ma non basta questo passo per chiudere il caso: per la sua gravità ma anche perché, subito dopo il massacro, l’accatastar­si di versioni contrastan­ti rese dai generali del Pentagono e dal ministro della Difesa, Ashton Carter, giustifica­no il sospetto di una situazione fuori controllo. Prima l’attacco notturno di una «corazzata volante», un Ac-130, presentato come un intervento deciso per salvare soldati americani in difficoltà. Poi la nuova versione: sono stati gli afghani che hanno chiesto l’intervento perché erano sotto attacco. Ma sapevano che lì c’era un ospedale? No di certo, dicono i più. Ma c’è anche chi sostiene che il fuoco dei ribelli partiva anche da quell’edificio o dalle immediate vicinanze. Nei dintorni, ha detto il generale Campbell, c’erano uomini delle Forze speciali Usa, ma non è andato oltre. Obama promette di fare luce con tre separate inchieste del governo americano, della Nato e di un organismo misto Usa-Afghanista­n, ma non ha accolto la richiesta di MSF di un’inchiesta internazio­nale indipenden­te. Che sarebbe sicurament­e difficile e rischiosa in una zona di guerra. E Washington, si sa, non accetta di sottoporrs­i a giurisdizi­oni straniere in materia militare. Ma in un caso come questo uno sforzo di trasparenz­a in più, oltre a rassicurar­e l’opinione pubblica, funzionere­bbe anche da richiamo a chi rischia di gestire con mentalità burocratic­a anche strumenti di guerra micidiali.

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