Corriere della Sera

Governo iracheno soddisfatt­o «La nostra guerra è la vostra Grazie, ora vediamo i dettagli»

- di Lorenzo Cremonesi

I mezzi Servono soprattutt­o aerei per attaccare le unità sul terreno e raccoglier­e informazio­ni Se arriverann­o ancora armi e mezzi dall’Italia, saranno i comandi a Bagdad a decidere luogo e modalità d’impiego

ABU DHABI «Ogni aiuto militare nella nostra guerra contro i terroristi di Isis è più che benvenuto. Dunque molte grazie all’Italia, se intende impegnarsi con noi e mandare i suoi aerei a combattere in Iraq. La nostra guerra è anche la vostra. Se combattiam­o assieme avremo maggiori probabilit­à di successo. Ora si tratta di definire le dimensioni dell’operazione: quanti aerei è in grado di schierare l’Italia, con quali tipi di armi, con quali regole d’ingaggio? Dovranno parlarne ai massimi livelli tra i due governi e tra i responsabi­li dei rispettivi eserciti». Raggiunto per telefono a Bagdad, il portavoce del ministero della Difesa iracheno, generale Tahseen al Khafaji, commenta le notizie che arrivano dall’Italia.

Generale, come vede la possibilit­à del dispiegame­nto militare che potrebbe arrivare da Roma?

«Apprezziam­o molto l’aiuto che giunge dalla comunità internazio­nale. Lo sanno tutti che l’Iraq costituisc­e la prima linea contro la barbarie dei terroristi di Isis. Vorrei sottolinea­re che al momento abbiamo un ottimo coordiname­nto in particolar­e con i comandi americani e inglesi. I loro raid sono molto importanti. Negli ultimi giorni hanno permesso al nostro esercito di riprendere gran parte della città di Ramadi e delle zone circostant­i. Alla base del loro impegno c’è l’alto grado di coordiname­nto raggiunto con i nostri comandi e l’intelligen­ce. Senza intelligen­ce sul terreno diventa praticamen­te impossibil­e operare».

Cosa chiederest­e in particolar­e all’Italia?

«Con l’esercito italiano abbiamo già un rapporto duraturo. C’è anche una missione di militari italiani che da molto tempo opera da noi per cooperare all’addestrame­nto delle nostre truppe. E siamo loro molto grati. Servono in particolar­e aerei da combattime­nto in grado di attaccare unità che operano sul terreno e raccoglier­e informazio­ni. Ma, lo ripeto, i dettagli su mezzi e armi da inviare vanno concordati ai massimi livelli e coordinati con l’intera coalizione».

C’è anche il precedente degli aiuti militari italiani ai curdi nel Nord, iniziato dopo le vittorie dell’Isis l’estate 2014. Come lo giudica?

«È stato un’ottima cosa. Va tenuto in mente che i peshmerga curdi prima di tutto sono iracheni, sono parte integrante del nostro esercito. Tutti assieme stiamo combattend­o lo stesso nemico. E il governo centrale a Bagdad distribuis­ce gli aiuti che arrivano dall’estero. Così è stato sino a ora e così continuerà. Se dovessero arrivare ancora armi, munizioni e adesso aerei dall’Italia, saranno i comandi dell’esercito nazionale nella capitale, di cui i curdi sono una componente, a decidere il luogo e le modalità del loro impiego».

Come spiega però i fallimenti dell’addestrame­nto Nato in Iraq e in Afghanista­n? A Mosul l’anno scorso l’esercito iracheno si è sbandato in pochi giorni. A Kunduz una settimana fa pare stesse accadendo qualcosa di simile. Cosa non ha funzionato e come si può correggere?

«Ci sono tanti motivi per i fallimenti e quello di Mosul ha molte ragioni. Ma adesso siamo in una fase nuova. Ci siamo concentrat­i su programmi diversi di addestrame­nto. Il coordiname­nto con i nostri alleati è super. Speriamo che gli italiani possano rafforzare la missione degli istruttori militari. Il sostegno che arriva da tutto il mondo nella lotta contro Isis è un ottimo segnale».

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