Corriere della Sera

Così le sofferenze bloccano 132 miliardi di nuovi prestiti

- DALLA NOSTRA INVIATA Stefania Tamburello © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

LIMA Ridurre le sofferenze delle banche, cioè i crediti difficilme­nte rimborsabi­li, farebbe bene, molto bene alla crescita. Lo dice il Fondo monetario che fornisce anche le cifre del beneficio. Liberare i bilanci dalla zavorra dei crediti deteriorat­i «potrebbe sbloccare nell’area della moneta unica risorse per circa 600 miliardi di euro da destinare a nuovi prestiti» precisa José Vinals responsabi­le del dipartimen­to dei mercati monetari del Fmi, presentand­o il rapporto di stabilità finanziari­a nel corso dei lavori dell’assemblea annuale dell’organizzaz­ione.

Vinals non dà le cifre relative all’Italia, ma sottolinea come il Paese abbia una quota di poco più del 22% — 200 miliardi su 900 secondo le statistich­e del Fmi — dei crediti difficili delle banche dell’area. Risolvere il problema delle sofferenze in Italia produrrebb­e circa 132 miliardi di euro da

L’Italia Le banche italiane hanno circa il 22% dei crediti difficili dell’area euro

destinare ai prestiti a imprese e famiglie. Una bella cifra. Il problema però non è di facile soluzione, occorrono un insieme di azioni. Sarebbe utile e opportuna pure una bad bank, «sarebbe come un aspirapolv­ere», così come è stato fatto in Spagna, afferma Vinals riconoscen­do però che è complicato costituirl­a perché ci sono i vincoli della Ue da superare. In ogni caso le autorità, la Banca d’Italia in testa, «devono fare pressioni» sulle banche perché facciano il più possibile pulizia dei bilanci.

Il rapporto del Fondo prende in esame la situazione finanziari­a globale esprimendo «un messaggio e una raccomanda­zione». Il primo — dice Vinals — è che «la stabilità finanziari­a globale non è assicurata e i rischi di ribasso prevalgono». La seconda è che serve una «urgente» adozione di politiche ad hoc. In questo contesto la stabilità finanziari­a nelle economie avanzate «è migliorata» ma resta il pericolo di contagio per le incertezze dei Paesi emergenti, Cina in testa. Quanto alla politica monetaria, l’Fmi conferma la sua approvazio­ne per le misure accomodant­i e espansive della Bce mentre esorta la Fed ad attendere ulteriori segnali sul fronte dell’inflazione negli Stati Uniti prima di alzare i tassi di interesse.

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