«Platone insegna: non è tutto istinto»
Per Mauro Bonazzi, docente di Storia della filosofia antica alla Statale di Milano, Inside Out è un film per adulti, non per bambini, con un aspetto interessante: «È utile nel mostrare il ruolo delle emozioni nel rapporto tra genitori e figli. Proprio ieri, mentre accompagnavo a scuola mia figlia Caterina, che ha quasi 9 anni, di fronte alle sue bizze mi sono reso conto di poter seguire d’istinto solo un modello: arrabbiarmi per farmi ascoltare; non ho contemplato l’ipotesi di spiegarle razionalmente perché non dovevamo fare tardi. Ecco, la lezione sconfortante del film, è che ai padri e alle madri non resta che abbracciare o sgridare i bambini. Un papà spera di poter fare di più...».
Cosa manca, secondo lei, al film?
«È molto bello, però... Già Platone, in un passo famoso della Repubblica, descrive cosa c’è nella ipotetica cabina di comando degli esseri umani, insomma nella testa. E sceglie l’immagine di un piccolo uomo, che sarebbe la ragione, di un leone, che rappresenta gli istinti che ci fanno combattere per i nostri ideali, e un mostro dalle mille teste, le passioni irrazionali. Il piccolo uomo deve trovare un equilibrio con gli altri suoi “coinquilini”».
È la ragione, allora, la grande assente di Inside Out?
«Non possiamo dedurre in assoluto che non ci sia, perché i protagonisti parlano e agiscono e senza non sarebbe possibile. Però non ha un suo spazio autonomo. Pensiamo solo al pensiero astratto, che nel film è quel luogo immaginario dove le emozioni perdono la profondità, come se svolgesse un ruolo marginale e non ancora sviluppato. Poi, però, scopriamo che anche negli adulti la cabina di regia è diretta dalle emozioni, quindi non c’è un vero cambiamento da adulti».
Forse c’è: nella madre di Riley al comando c’è la Tristezza e nel padre la Rabbia.
«Esatto. E questo ci fa pensare che la vera crescita della bambina consista nel passaggio dal mondo fatato guidato dalla Gioia a una dimensione potremmo dire più freudiana, con una consapevolezza dei limiti, dei no, della Tristezza».
Per Antonio Polito, oltre alla ragione l’altro grande assente è il libero arbitrio.
«Concordo, ed è un vuoto inquietante. Immaginare che agiamo spinti solo da emozioni o istinti solleva problemi etici impegnativi. Lo notava già Kant: se le mie decisioni non sono libere, ha senso parlare di responsabilità o di bene e male? Un leone che mangia una gazzella segue la sua natura e non può certo essere criticato. Nel film animali e uomini si equivalgono. Direi che è riduttivo: noi siamo più complessi».
Eppure per molti filosofi la ragione è stata serva delle passioni.
«Per Eraclito quando le componenti irrazionali sono forti nulla può trattenerle: il che spiega la violenza. Ma da Platone si afferma un modello che, fino a prova contraria, è ancora valido, nonostante le suggestioni delle neuroscienze».